Prospective Unreal 2018 - Progressive, Metal

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La componente sorprendente dell'album è una certa dose di emotività tra riff matematici e aggressivi

Con una fine levigatura rispetto al seppur ottimo "Beyond", gli emiliani Prospective tornano dopo due anni con "Unreal", terzo capitolo della loro carriera che segna anche il compimento di una concreta e solida maturazione.

Le undici tracce formano una perfetta e maestosa opera architettonica, ma dal piacevole lato estetico, come una grande e candida opera futuristica di Calatrava. Certo, il djent è uno dei generi più ostici per antonomasia, ma qua le dissonanze e i tempi dispari si equilibrano egregiamente con i suoni ben più avvolgenti e meno carichi di gain rispetto allo standard del genere.

Pertanto il quintetto emiliano non solo mette in scena un lavoro che non tradisce le aspettative dell’ascoltatore più esigente, ma realizza una parafrasi delle lezioni impartite da band miliari del genere, proponendo un lavoro sì solido, ma anche fluido e armonico. Prendendo dei riferimenti musicali, è come se ascoltassimo qualcosa che ricorda i Tesseract, miscelati agli Scale the Summit o dei Circa Survive più energici.

Questo accade grazie all’operato di Luca Zini e Davide Ruggeri, capaci di bilanciare dirompenti dosi di groove e melodie decorative di derivazione prog, oltre al contributo fondamentale dalla voce poliedrica di Pietro Serratore, dividendosi come di dovere tra feroci scream e parti cristalline, toccando alte tonalità.

Il percorso indotto da "Unreal" partendo da "The Void" e giungendo a "Grasp", lambisce episodi di diversa contingenza: se nella traccia di apertura - come nella dirompente "Back Home" - veniamo aggrediti da una fulminante combinazione di batteria e chitarre, nel brano di chiusura ci troviamo davanti  - assieme a "Elysium" - a uno degli episodi più atmosferici e riflessivi dell’album. Traccia riassuntiva del disco è "So Far Gone", primo singolo estratto che si presenta come piccolo manifesto di quello che sono adesso i Prospective: alte dose di headbanging, ma con venature di emotività.

Ed è questa la componente sorprendente dell’album, che non è soltanto un insieme di matematici e aggressivi riff, ma attimi di ornamento sonoro che rendono il tutto meno glaciale e meccanico; facendolo distinguere non soltanto per la perizia tecnica messa in opera dal quintetto, bensì per la capacità di risultare un album estremo, complesso, ma anche ampiamente godibile.

 

 

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La recensione Unreal di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-07-27 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • d.serratore19 6 anni fa Rispondi

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