15 e passa anni di silenzio discografico prima di arrivare a questo "Non si sa dove mettersi", un disco che rappresenta ancora la band al 100%
Nella ormai ventennale carriera dei Fluxus si può affermare con indissolubile certezza che Franz Goria, Luca Pastore e soci non siano mai stati vittime della fretta. A rileggere infatti la discografia, episodio per episodio, sembra quasi incredibile che dal 1994 ad oggi abbiano pubblicato esclusivamente 5 dischi (e solo 2 dopo la soglia degli anni 2000). A ben vedere, quindi, un ritmo talmente blando da farci supporre che avrebbero preferito un cupio dissolvi piuttosto che il triste copione di scioglimento e reunion; sono infatti loro stessi a scrivere che "Quando non hai niente da dire, o non sei sicuro di quello che vuoi dire, è inutile produrre qualcosa, perché diventa solo un esercizio sterile".
Invece no: 15 e passa anni di silenzio discografico prima di arrivare a questo "Non si sa dove mettersi", un disco che rappresenta ancora la band al 100%. Non appena parte il riff di "Nei secoli fedeli" la sensazione è che musicalmente non siano arretrati neppure di un millimetro: zero compromessi, nessun trucco, tutto maledattamente sincero. Un sound tipicamente anni '90, con i chitarroni in bella mostra a dettare la linea e fanculo alle mode e ai trend del momento, tanto da pensare che fra le band della generazione dei 90's siano quelli col miglior rapporto qualità/anzianità. E, come fanno da sempre, vanno dritti al punto, raccontando paradossi e contraddizioni di una società turboglobalizzata che, nel 2018 come nel 1994, non ha certo visto realizzare "le magnifiche sorti e progressive" dell'evoluzione umana (ascoltare l'ultimo verso de "Gli schiavi felici" in cui dichiarano "Dovevo lavorare produrre per il benessere collettivo, dove cazzo è il benessere collettivo").
E quando in "Ami gli oggetti" cantano "Cammini senza gambe, guardi senza gli occhi, vivi in una casa disabitata da te" non fanno altro che sublimare l'idea della spersonalizzazione del post-moderno. Oppure quando in "Prescrivimi qualcosa" cantano: "Dammi qualcosa, dimmi qualcosa, prescrivimi qualcosa" ci inchiodano di fronte alla perdita generalizzata dello spirito critico del singolo a favore di una sempre piú diffusa e uniforme "ragione di massa", qualsiasi sia la fazione di appartenenza ("Siete scarafaggi di una nuova specie / siete come dei cerbiatti davanti ai fanali / figli di una nuova religione che venerano un Dio che distrugge la ragione / senza coscienza, senza dimensione / senza pensieri, senza redenzione").
Penso ci possa bastare per almeno altri 12 anni ché, a voler fare dell'ironia, l'appuntamento per la prossima occasione è fissato non prima del 2030. Avrete di che ascoltare per tutto questo tempo: "Non si sa dove mettersi" ha un sacco di cose da dirvi su cui riflettere per molto tempo.
---
La recensione Non si sa dove mettersi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-02-19 09:00:00
COMMENTI