"Light Cut" degli Aikira è un album oscuro e pesante, ma che può regalare soddisfazioni agli ascoltatori più determinati
“Light Cut” è il secondo album in studio della band teramana Aikira e, per una serie di motivi, non è un disco di facile ascolto. Il primo è il genere musicale in cui quest’ultimo si colloca: un post-metal costellato di esplosioni sonore che declina dolcemente in suoni post-rock nella seconda metà dell’album, con dilatazioni psichedeliche (più presenti in quest’ultima parte) e sfuriate di stampo hardcore (come ad esempio i primi secondi di “Yonaguni”). Il tutto rigorosamente strumentale, con un’assenza claustrofobica di qualsiasi voce umana; l’unica eccezione è costituita dal lieve bisbiglio femminile di sottofondo in “Something Escapes”, che, invece che tranquillizzare, aumenta il senso d’inquietudine. Insomma, non esattamente come ascoltare Katy Perry.
Il secondo motivo è determinato dai tempi e dalle strutture delle singole canzoni: fatta eccezione per i due brani “Elemental 3327” e “Elemental 06”, di durata più contenuta, ci troviamo davanti a pezzi la cui durata spesso raggiunge i sette-otto minuti. A ciò si aggiunge la struttura delle canzoni, che rifuggono nella loro totalità una dinamica strofa-ritornello-strofa e varianti, per buttarsi su una composizione molto più libera e priva di schemi rigidi, e perciò più difficile da seguire.
Questa combinazione di fattori sonori e strutturali rende l’ascolto di “Light Cut” piuttosto ostico. Le note che rimbombano nelle orecchie creano un muro solido, dalla superficie apparentemente priva di qualsivoglia appiglio sicuro, contro il quale un impatto doloroso e stordente è l’iniziale e inevitabile esito. Con il passare degli ascolti, tuttavia, si inizia a notare un light cut – uno spiraglio di luce, che passa tra le fessure di questo muro in apparenza impenetrabile. Presto questi spiragli di luce aumentano, e riusciamo a distinguere con maggiore sicurezza i dettagli di questo muro, a comprenderne la struttura e le finezze, fino a riuscire a scalarlo per dominare con lo sguardo ciò che ci sta intorno. E dalla cima appena raggiunta possiamo finalmente ammirare la wasteland emotiva in cui gli Aikira ci hanno portato, e perderci con lo sguardo e la mente in essa.
Un ascolto per orecchie pazienti, ma che sa ripagare della fatica spesa.
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La recensione Light Cut di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-07-30 00:00:00
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