Penelope, Sebastian: malinconia shoegaze da concept album
È da una proverbiale disinvoltura lungo le melodie malinconiche dell’indie pop e dello shoegaze dal sapore nordeuropeo, che vengono tracciate le linee guida del concept album "Penelope, Sebastian" dei Winter Dies in June. Un sunto che già dalla prima “Aeroplanes” va a compimento dove il muro di distorsioni del finale lascia lo spazio ad una chitarra solitaria così evocativa da segnare in modo determinante il marchio di fabbrica della band.
Ancor più interessante per la qualità stessa della canzone, “Sand”, che vede passare la band dai più nobili Coldplay di "Parachutes", alla coralità degli andamenti di Beach House, M83 e Slowdive. Un equilibrio perfetto tra la costante vena malinconica dettata, questa volta, dalla voce e dalle particolari sovraincisioni degli arrangiamenti del brano. Flusso che prosegue anche per la più eterea interpretazione femminile di “Sebastian” sino alla meno incisiva ma altrettanto preziosa “Boy”, grazie a ritmiche più sostenute rispetto al resto delle canzoni e dalla sferzata vocale di eco britpop, capaci di portare l’lp da opera di nicchia a progetto più aperto di pop rock. Un sentiero ancora più definito nella leggerezza di “Nowhere”, dove specialmente sul ritornello, si avverte quella tipica patina sonora di fine anni ’80 strettamente legata al decennio successivo, radicata nei suoi ampi riverberi sul rullante e dagli immancabili synth cristallini.
Perfino in un pezzo come “Space”, non particolarmente importante, il gruppo mantiene il passo del disco, grazie ad un basso incessante di era post-punk, portandosi sulla stessa lunghezza d'onda di band quali i Kane e Killers, profondi estimatori e debitori dell’emozionalità dei Cure. Un cambio di rotta, che difatti in linea con la più distensiva “Penelope”, brano dai pretesti shoegaze, riesce ad esprimere tutte quelle sfumature appartenenti alle tipiche melodie anglosassoni; su arrangiamenti impreziositi dai riff della chitarra, protagonista soprattutto negli effetti di chiusura nella sua partitura solista.
A dispetto del formato di concept "Penelope, Sebastian", scorre senza alcun intoppo, conducendo i Winter Dies in June ad un traguardo tutt’altro che facile visto l'ambiziosità di un progetto espresso con intelligenza e con un efficace livello compositivo.
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La recensione Penelope, Sebastian di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-07-10 09:00:00
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