Un disco folk che celebra, con mitezza e genuinità, il fascino di un’Europa senza confini.
“La Valse”, puramente strumentale, è l'apertura perfetta di un album denso di romanticismo e nostalgia. Sono spagnole le prime parole pronunciate dagli Sleepwalker’s Station nel loro Lorca: a farle suonare è "Hacia Marte", un Bolero dai timbri e dai ritmi iberici. La terza, di quattordici tracce, “Rue du Bourg”, ci porta sulle rive della Senna, in un’ipotetica serata dall’umore incerto: c’è la malinconia di un blues intrecciato col reggae e il sentimentalismo di un valzer di altri tempi. “Uno di noi” è l’Italia della protesta in chiave rap, della ribellione a un sistema guasto, fatto di disuguaglianze e poche opportunità. Fa da controcanto “Winter in Berlin” alla quale Bea Bacher presta la morbidezza della sua voce per ripercorrere le note già composte nella “Berlin” del 2012.
E mentre “Wondering People” ci accarezza con un tranquillo folk inglese, è il flamenco di Jarez de la Frontera ad accendere chitarre e clap in “de Molinas y Gigantes”. Lorca corre effettivamente sempre su due binari, basandosi su una sorta di tecnica del controcanto, dove a ogni scelta ritmica o armonica ne corrisponde una che la ribatte. È il caso anche di “Unterwegs”, dove si sente l’aria fresca delle praterie bavaresi, in cui il tempo si è fermato agli anni ’80 e “Giorni su lago” che corre tra le onde malinconiche della valle del Garda.
Gli Sleepwalker’s Station firmano con Lorca il sesto album registrato insieme senza tradire la loro essenza e il proprio stile. Un disco che fa viaggiare nelle tradizioni della musica folk e che celebra, con mitezza e genuinità, il fascino di un’Europa senza confini.
---
La recensione Lorca di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-04-04 17:21:54
COMMENTI