Allora partiamo da due presupposti, per altro futili, con cui questo Ep mi ha colpito. Il primo, la copertina ricorda chiaramente quella del mio album preferito, in assoluto, talmente preferito che spiattellarvelo qua quasi mi dispiace: “Sometimes I sit and think and sometimes I just sit” di Courtney Barnett. Non credo neanche fosse una coincidenza voluta. Che poi io il governo Moro non l’ho manco mai vissuto, ma sto disco mi è arrivato.Quindi...
Secondo, i “Frutti strani” sono letteralmente una delle mie passioni, li ricerco come un filatelista con i francobolli, li consumo per poi piantarne le semenze e collezionare rigogliose piante. Oggi (lunedì 10 marzo 2019) è stata una giornata particolarmente ventosa, sono dovuto salire su una scala per fissare i rami del mio Maracuja che, sverzati dalle violente raffiche, rischiavano di spezzarsi. Non c’è nulla di romanzato in questo racconto, a momenti, spaventato da una schifosissima cimice, cadevo giù dal balcone. Decido quindi di impiegare il mio tempo ascoltando un album da recensire, ancor prima delle canzoni, è stata la congiunzione astrale a decretarne l’amore.
“Mi innamoravo di tutto quello che cadeva dal terzo piano”, tra tutti gli Ep ascoltati di autori che non conoscevo prima di recensire, è sicuramente stato il migliore, non a caso, su questo disco ha investito uno dei capisaldi dell’indie – o forse sarebbe meglio dire dell’underground- italiano, Giorgio Canali.
Per Enrico Cappozzo sarebbe giusto inventare un nuovo termine, un nuovo genere. Power cantautorato mi sembra assolutamente la definizione migliore. Lo Strano Frutto è in grado di racchiudere in un unico corpo, la potenza sonora di due delle mie formazioni italiane preferite, i BSBE (in “Intro”) e i Pan del Diavolo (“L’uomo stanco”) fino a giungere con una sola chitarra alla cafonaggine disperata e sbraitata di un’intera band come i FASK. La propensione acida è nichilista all’interpretazione e alla stesura dei testi in molti momenti potrebbe rievocare Appino, se dovessi fare una sintesi, Immaginatevi Giovanni Succi a capo degli Zen Circus.
Piccolo capolavoro.
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