“L’aperitivo è una questione sociale.” Di auto scure e grandi, parcheggiate in doppia e terza fila, con le quattro frecce (e se solo fosse possibile, anche otto). Di donne tirate a lustro, nonostante magari sia trascorsa un’intera giornata di lavoro, con occhi allungati come ponti verso il tipo che fissa gli stuzzichini. Tipo che fingerà fino all’ultimo di non avere fame. E poi uomini che parlano al cellulare, non importa se davvero o per finta, sempre sospesi tra l’interno del locale ed il marciapiede. Dentro/ fuori, rituale consueto. In bilico tra essere dei nostri finché si può e dei loro finché conviene. Marco Messineo canta le “belle persone”, quelle che fanno buona impressione, canta di una donna in carriera che va di fretta e di una la cui bellezza commuove, canta il suo non essere stereotipo ideale e un amore che gli sconvolge le cellule, via da tutto quel circo sociale. Dentro/ fuori, appunto.
Otto provini voce e chitarra (solo in traccia quattro, sette ed otto compare la batteria), materiale che quindi è in divenire, almeno per quanto riguarda arrangiamenti e strutture sonore. Ma la spora generata è già ben definita: atmosfere intense, tese, sempre un po’ sospese tra mille arpeggi di chitarra. Una voce che, per tipologia, estensione e cadenza, ricorda quella del grande Cesare Basile. E direi che anche le tematiche affrontate nei testi, nel loro taglio disincantato ed asciutto, nella scelta di metrica e termini, sono figlie di quella scuola. Testi che sono testi. Belli. Solidi. Lucidi. Che fanno pensare e non solo canticchiare. Che vanno rincorsi perché vogliono dire molte cose ed il tempo, si sa, non basta mai. Che parlano di provincia, di voglia di scomparire per scoprire se stessi, di due che alla fine chissenefrega, di silenzi e disincanti. Per fare ciò, Messineo non usa metafore alla Fabrizio De Andrè, non romanza la situazione ma la scompone in tasselli per vedere fino in fondo com’è.
Rispetto al suo precedente lavoro, “Le più nere speranze” (RiffRaffRecording, 2002), i nuovi brani sono più maturi, capaci di dire qualcosa, con belle architetture sonore già in questa forma base non compiuta. Resto in attesa, quindi, di ascoltare il lavoro definitivo, in uscita a fine anno. Intanto, è quasi ora dell’aperitivo. Sempre se trovo posto in quarta fila…
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La recensione Provini 2005 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-05-20 00:00:00
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