La vita regolata dal caso. Sì perché potresti essere in fondo alla strada a vendere zucchine, o dirigere qualcosa all’ufficio del secondo piano, o rubare fondi di caffeina nelle palestre. Invece ti ritrovi a incidere un album per testimoniare quant’è stato bello il caso fino ad ora per te. Quant’è stato bello arrivare al mare seguendo un sentiero nel bosco.
Sono gli Scat, gruppo torinese, che dopo diverse demo ed esperienze sul palco, decide di comporre il primo album. Musica nata come per raggiungere il mare da un sentiero di bosco. Musica in cui l’improvvisazione e l’umore diventano la regola. In quel momento probabilmente gli Scat intascano la chiave della libertà, aprono la porta e… E lì dentro che succede? Dentro la libertà? Succede che vale ogni secondo e non si perde tempo in inutili pose. Estraggono una sequenza di note dal tempo, e il loro inseguirsi fonde jazz e post-rock, caso e contatto. Perché il caso si deve toccare. E spesso non è piacevole. Illude di nostalgia, smacchia regolarmente i mantelli finora indossati, come Afrodite che sale dal mare, sorprende, e sicuramente coinvolge.
Il sassofono notturno si fonde con le note evocative del pianoforte, e la voce femminile un po’ stile "Vacanze Romane" si appropria con forza del petto, e cangia da rock ad espressività blues. Assoli e crescendi post-rock indirizzano atmosfere lounge nella creazione di travolgenti storie musicali. Melodie che si assorbono a livello pettorale. L’orecchio impara a fidarsi, a lasciarsi andare ed accomodarsi pian piano nel cuore. Ci si prepara quasi stoicamente al graffio degli Scat. Perché la malinconia d’ottone si trasforma in acidi pezzi freejazz, il sassofono squarcia lentamente di viola-interiora scorniciando sordi scoppi d’ira e un incazzato urlo contro l’assurdo. Dopo i graffi, le carezze. Gli Skat leccano amorevolmente il sangue, "drogano di miele amaro e acquavite" … e così ci si abbandona al loro timbro ambrato e leggero, e con dolce rassegnazione pure ai toni oltremare. Ma si fanno toccare, anzi pretendono di essere toccati. E lo fanno con classe.
Si consiglia l’ascolto in cuffia e se l’album ti colpisce puoi persino chiamare Corrado, il batterista.
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La recensione La Vita Regolata Dal Caso di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-03-15 00:00:00
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