Per quelli che si chiedevano che fine avesse fatto il rock'n'roll, abbiamo buone notizie: l'abbiamo ritrovato
Non c’è tempo per dare un giudizio troppo distaccato all’impatto sonoro che l'energia di “Strike” riesce a trasmettere; una canzone che rispolvera magistralmente il rock n’ roll del Paul McCartney di “Back in the USSR” e “The End” mischiato in parte minore alle sonorità interpretate da Mick Jagger. Non sarebbe niente di strabiliante se non fosse per la particolare riuscita di un pezzo così compiuto, forte di un canto senza tregua ed esasperato capace di riportare agli isterismi blues rock di Jack White.
Ammansiti dal classic rock di fine anni ’60, i modenesi Evil Knievel proseguono con “Safety Man”, che sulle atmosfere di un brano dal sapore on the road psichedelico, mettono in mostra tutte le sfumature delle parti strumentali in gioco, grazie anche ad un impeccabile lavoro di bilanciamenti nel mixing. Dalla traccia omonima che dà il titolo al disco e alla band, spetta il compito di trattare in modo più diretto il muro di suoni del rock più convenzionale del disco, dove la maturità continua a crescere nel brano successivo, “Are You Satisfied?”, con uno stile che attraversa tutti i sixties sino all'era britpop. L’ottimo brano rappresenta al meglio la quintessenza della tradizione americana tanto rielaborata dagli stessi musicisti inglesi, abilissimi nella composizione di veri e propri inni senza tempo, dove band come gli Who ne furono i maestri ed esempio, come per la storia che accompagna questa canzone.
Su livelli così importanti, rischiano di passare in secondo piano canzoni come “Dry Soul”, dove la chitarra, pur non essendo così importante quanto nella canzone meno solida di “Spark”, si distingue per un tocco sonoro dal gusto unico, pareggiato solamente ma in modo totalmente diverso dall'ultima canzone del disco.
L’idea artistica e l'energia degli Evil Knievel non subisce ulteriori alterazioni e va benissimo così. Nonostante in un passato discografico un pezzo come “Stranger” sarebbe rimasto probabilmente escluso anche a causa dei limiti stessi del supporto in vinile rispetto al formato CD, quest’ultima traccia appare abbastanza faticosa e ripetitiva all’ascolto. Un peso specifico, che però porta la band all'epilogo di “Leave Me Alone”, così vicina alla sfera garage e del fuzz, da poterla paragonare all'hard rock di Wolfmother e Greta Van Fleet. Un sound così valvolare dotato di riff tanto travolgenti da far dimenticare, seppur in maniera lucida, quanto la band sia andata fuori tema rispetto alla cifra iniziale dell’album. Un disco egregiamente registrato nella sua visione globale di intendere la musica e il rock analogalmente all'attitudine dell'ex beatle del primo brano.
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La recensione EVIL KNIEVEL di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-08-02 09:00:00
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