La caratura di Painted With a Broad Brush nel mito di Miles Kane e Alex Turner
L’inconsueto connubio tra la cadenza cantautorale e la matrice anglosassone della produzione di "Painted with a Broad Brush", conferisce al sound di Alberto Dori un tratto costantemente sincero e solo all’apparenza naive. Del resto è la bontà delle stesse canzoni a reggere il progetto del musicista vicentino, dove anche solo la leggerezza misurata del folk “Me, Myself and I” risulta gradevole, tanto quanto una traccia minore come “December”, capace di preservare ottimi arrangiamenti bilanciati nelle dinamiche.
Cristalline sono influenze che accompagnano tutto l’lp, come il manifesto di “Potrait of Us”; un campionario di beat anni ’60 del periodo beatlesiano di "Help!", dotato della stessa amalgama del "Colour of the Trap" di Miles Kane. Un destino non tanto dissimile per la più cadenzata “Fancy”, guidata dai classici attacchi sfrontati del cantato britpop, o nella successiva “Day By Day”, ammansita volutamente a dovere dalla predominanza dalle incisioni acustiche delle chitarre. Il groove di “Generalize” non si esime dinanzi a un ryhtm n blues meno maleducato di Who e Rolling Stones, a favore di una visione più hippie e ariosa da parte del cantautore italiano, più coinvolgente sul ritornello che sulle strofe.
Mentre la maturità di “I Wanna Tell You a Thing Tonight” tenta di farsi largo con una propria intensità, si scontra invece in modo quasi preannunciato e inevitabile con gli arrangiamenti più secchi e meno frenetici degli Arctic Monkeys seconda maniera, preannunciando la questione per quella che rimane sicuramente la canzone più bella del disco, “Parallel Lines”. La ballad di Alberto Dori è la quintessenza della canzone british, in grado di portare in seno una voce appena graffiata, ma al contempo addolcita dai controcanti, tra una bellissima melodia e una chiara incisività da far invidia perfino al personalissimo crooning di Alex Turner. Un livello tale da far muovere come critica più provocatoria e al tempo stesso lusinghiera, la realizzazione di una composizione scritta solo all’apparenza dal musicista italiano, rispetto alla firma del suo mentore più illustre come fautore reale di tali canzoni e interpretazioni.
Senza stravolgere come nella traccia precedente, arriva “Disease” la quota più disco club alla Franz Ferdinand del repertorio, mostrando un aspetto nuovo, con un’attenzione lodevole per il riff di chitarra così puntuale da poter essere definito come l’elemento portante del brano.
Il disco non ammette mezze misure, sicuramente non brilla per originalità tanto da rendere delle volte inscindibile il giudizio con le influenze più predominanti di "Painted with a Broad Brush". Ad ogni modo il musicista Alberto Dori nonostante la dedizione e l'amore per i propri ascolti, riesce ad esprimersi su ottimi livelli, superando appieno la prova d’ascolto, mettendo al centro doti compositive e artistiche davvero interessanti.
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La recensione Painted With A Broad Brush di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-10-23 00:00:00
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