Due pezzi – uno più gustoso, oltre che ingegnoso, dell’altro – aprono il (bel) disco dei Nomoredolls. Uno di quei gruppi che crescono fuori dall’Italia, ci maturano, ci si fanno conoscere e poi tornano a farsi vedere (sentire) in patria – vedi i Lacuna coil. Nell’ignoranza generale – della patria e dei compatrioti, ovviamente. I primi due pezzi dicevo: “Electric sheep” e “Another girl”. Oltre a “tirare” il disco, ti danno subito il paradigma della loro musica: che è meno dura, più commercial di quanto crederesti da un primo, rapido ascolto. E di quanto la loro “immagine” voglia indurti a credere. Certo però che seducono: fanno un rock che diverte. Un rock – almeno - per la strumentazione, la potenza, il missaggio, i giri di basso, certe ritmiche. Che però è pop per la struttura dei pezzi, gli arrangiamenti, i testi e le melodie. Come dire: per il trend, alla fine. Per l’intento e la strada presa.
Fetide etichette a parte, le dodici canzoni registrate quasi interamente negli Usa ed ivi missate suonano pressoché formalmente perfette. E non a caso dietro c’è Fabrizio Grossi (RHCP e Toto vi bastino et avanzino). Dentro trovi un po’ di Canada – Joni Mitchell per certe melodie, Alanis Morrisette per la minuzia delle strutture musicali, dai bridge agli incisi, per la pulizia dei suoni, per l’intelligenza di certi stacchi poco prevedibili. E a questo proposito vi giuro che ho buttato dentro il riferimento alla Morrissette prima di scoprire che i Nomoredolls sono partiti proprio come cover-band della rocker di “Ironic”. Ma c’è pure un po’ di quell’attitudine piuttosto plastic-grunge propria delle Gift e di tutto quel filone “rosa” anni ’80-primi ‘90. Certo, quanto ad originalità nel disco si scova più di un episodio piuttosto infelice, quasi decotto. “Chilly morning”, per esempio, è una ballata gradevole, ma pare tirata fuori dall’ultimo disco di Michelle Branch. In generale tutti quei pezzi che, appunto, imboccano la strada della ballata ammaliante e non la colgono così brillantemente (“Mirror”, ma eccezion fatta per “Immacolate garbage”, squisita e delicata). “Absent” infatti sta sulla stessa linea. Ma nel complesso – dodici pezzi secchi, ottima scelta: né troppi né troppo pochi – esce fuori il disco di un gruppo che vuole fare un rock che cavalchi intelligentemente il crinale col pop.
Canzoni, magari, destinate a rimanere tuttavia senza graffiare. E che pure a sfasciare la batteria e la chitarra non hanno timore, senza sfasciare – e questo è un pregio - l’audience che non sia la propria. “A circle in a square”, in un tripudio molto serial televisivo (tipo che se me li trovassi sotto “O.C.” non mi stupirei per nulla) chiude senza pecche il primo disco dei californiani adottivi. Ma, a parte i soliti sospiri dei soliti storcinaso, c’è assolutamente da dire che i Nomoredolls, semplicemente, suonano bene. Cecilia Mirandoli ha una voce tagliente e perfetta per il genere in questione, sebbene non originalissima La musica è da club ma pure da Mtv, da “O.C.” ma pure da CBGB’s – dove infatti suoneranno. E sono pure italiani. Meglio di così. Consigliato. A tutti.
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La recensione Nomoredolls di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-05-23 00:00:00
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