Riff di suoni ipnotici e cori rock n roll impastati nei mix ovattati, risaltano nei tratti lo-fi dell’album "Void Dimension" e nella sua traccia omonima. Una costante apprezzabile, ma non decisiva in un sound delineato dall’attitudine indie-rock underground, ispirata in buona parte da The Strokes e BRMC. Un’apertura che con i suoi pregi e difetti, carpisce nel brano “Lex” il richiamo melodico più riuscito grazie alla morbidezza dell’inciso a cavallo tra il britpop e i sixties. Di colpo, ma in modo piuttosto disinvolto, i noise delle chitarre valvolari e dei suoni vintage vengono rimpiazzati dagli umori più intimisti nel gioco d’attese di “Waiting Sun”. Il rock n’ roll lascia spazio così alla malinconia sognante degli anni successivi alla new wave con un pezzo totalmente dream pop e shoegaze, consegnando all’album la traccia più eclettica dei The Zoids.
Tuttavia la band non tarda a riprendere lo stesso canovaccio con la medesima inerzia, lasciando in sospeso oltremodo la parte compositiva delle canzoni stesse: “Shine on” risente di staticità, mentre l’accattivante “Show Me Show Me”, dimostra soprattutto quanto la band sia reverenzialmente legata all’indie britannico della corrente giornalistica NME.
Una sensazione che pregiudica la crescita artistica rispetto alle esigenze dell’album finora non così brillante, inficiato d'altra parte da un mixaggio compatto ma più dedito all’estetica che all’efficacia.
Salvo la variazione armonica delle apprezzabili strofe di “Time”, è la volta della demo “Time II”, una bonus track semplice ma sincera, capace di aprire nuovi orizzonti, poiché il vero lo-fi può passare anche attraverso un pezzo sgranato come questo, dove tutto ciò che non suona, fa suonare tutto il resto, voce compresa. Una potenza espressiva alla quale "Void Dimension" viene sottratto, prediligendo una certa immedietazza dell'album all'esecuzione di brani ancora troppo scarichi di pathos per le ambizioni dei The Zoids di indie band compiuta.
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