Un disco che ha il sapore amaro della perdita tra suoni house, strumentali dance e trame sintetiche venate di malinconia
Un disco che ha il sapore amaro della perdita, della sconfitta; che parla di distacco, di vuoto e sottrazione. Lorenzo Castiglione – ex Drunken Butterfly, ora Krank – dà vita ad un’opera musicale i cui elementi, tra chitarre cupe ed elettronica, si fondono in spavento melodico, vertigine ritmica. Con magistrale mutazione tra suoni house, strumentali dance, e sottili trame malinconiche, l’album è, al contempo, tagliente e sinuoso nel suo portamento atmosferico. Sembra una tiepida giornata di sole che improvvisamente si fa fredda e grigia, sembra una personalità che toglie armonia a quel poco di buono che fa. Il focus c’è: stanare “un posto dove nasconderci” per sottrarci al dolore della perdita. In alcuni passaggi più insapore, in altri di sicuro covante e irresistibile.
Se tutto nasce, poi si distrugge e non si trasforma – ribaltando il senso della celebre legge fisica – siamo destinati al fallimento, a cercare un luogo dove essere protetti soprattutto quando, indifesi e inermi, chi amiamo ci lascia, se ne va via. I testi del disco raccontano l’altra metà di un noi che non esiste più e che volteggia nei pensieri come uno spettro. All’ascolto, avanzano subito dei fermo immagine: la ferita che brucia sotto pelle al momento del distacco (“La via del mare”); il balzo nel vuoto, con l’aria che esplode in faccia fino a togliere il respiro, durante sonni inquieti (“Sogna ancora”); il ricordo di ciò che si è perduto diventando adulti (“La tua adolescenza”) e la preghiera di ritrovarsi diversi, lavati da colpe e rimpianti (“In preghiera”). L’amore appare come un “mare nero” che inghiotte, come un serpente velenoso da colpire ed abbattere, come un cancro che divora l’anima (“Ho provato ad amarti”). Forse, un giorno, ci si lascerà tutto alle spalle, si ricuciranno gli strappi, la tristezza verrà spazzata via dagli occhi, ma sarà troppo tardi.
Con parametri sintetici che portano ombre, poi piccoli spiragli di luce, e poi ancora iridescenze sull’anima sfocata, rassegnata alla perdita, il disco attinge da certa refurtiva sonora (Radiohead, Subsonica) manipolata e personalizzata con sofferta carica emozionale. Da ascoltare in “un posto lontano dove nascondersi”.
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La recensione Un posto dove nasconderci di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-10-16 00:00:00
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