"LOVE" è un album facile e al tempo stesso non lo è, perché musicalmente vive di due anime distinte: il synth pop e la ricerca della canzone d'autore più classica.
Quando non mi ricordo chi mi ha domandato “Com'è il nuovo dei Thegiornalisti?”, dopo il primo ascolto ho riassunto così: “Gli '80 più '90, i lenti più lenti”. Poi l'ho ascoltato tante volte: a casa, in macchina, mentre cammino in giro, e il giudizio si è fatto un po' più elaborato, sostanzialmente rimanendo come prima. Di sicuro "LOVE", quinto album della band romana (sempre meno band, sempre più "Tommaso Paradiso & soci"), continua sul solco di "Completamente Sold Out", quello che li ha fatti diventare stelle del pop, e scava nel profondo dell'autoreferenzialità.
Tutti gli 11 pezzi parlano di Tommaso Paradiso: il suo amore, le sue passioni, i suoi continui spostamenti e lo spleen di chi sarebbe portato a vivere tutto male ma sta cercando di prenderla bene. Di chi fino a tre album fa parlava degli altri, delle cose in generale, e poi ha iniziato a fare della sua musica una seduta di autocoscienza in cui ci si riconoscono in tanti, dato l'enorme successo riscontrato. Un percorso non omogeneo, non organico, non lineare e ci mettiamo anche sticazzi, perché nella sua poetica non troppo complessa, mutuata dai neologismi da social o dagli scherzi tra amici, è la sua bussola per non perdersi e tornare a casa.
In questo senso, la casa sono gli affetti, l'amore, gli amici, il cane, le cene, il vino, il letto, lo sport, il mare e la tv che trasmette i suoi film preferiti. Tra le righe di "LOVE", si trova lo spaesamento di un ragazzo che ha trovato il successo e la voglia di rimanere ancorato alle cose che contano davvero.
Il disco è prodotto da Dario Faini (Dardust) e mixato da Matteo Cantaluppi. I suoni sono via via più morbidi o più digitali di quelli dello scorso album, a seconda del pezzo. "LOVE", come l'amore da cui prende il nome, non è un album perfetto, vive di alti e bassi emozionali, di momenti non proprio centrati e altri da antologia.
Si apre con "Overture", una sinfonia orchestrale che riprende il tema dell'ultimo pezzo, di cui parleremo più avanti. "Zero stare sereno" sono due pezzi in uno: l'inizio è il classico edonismo paradisiaco, “quanto è bello tornare dal mare etc.”, che cambia tempo e stile musicale quando scopre subito le carte dello spleen: la casa è un casino, il cane è da solo e tutto il resto. Pezzo bipolare vero, che non ti aspetti.
"New York" ormai la conoscete, ballad ispirata, malinconica, da cantare coi flash degli smartphone accesi ai concerti. Che la casa al mare sia la fissa di Tommaso lo sappiamo da due album, ma in questo trova la sua canzone dedicata, quella coi beat moderni e l'immancabile nostalgia. Non sembra possa diventare un classico, nonostante sia il pezzo più contemporaneo di "LOVE". Il sogno è quello di non avere responsabilità, di avere tutto sotto controllo anche quando tutto è fuori Controllo, che poi è il titolo del primo vero lento dell'album. “Vorrei mettere su un fisico bestiale ma mi alleno solo per rimediare” potrebbe essere un inno generazionale e la dice lunga sul mood del pezzo.
"LOVE", che dà il titolo all'album, sembra prendere spunto da quei bei lenti di Vasco, tipo "Toffee", ed è talmente intima che ad ascoltarla sembra quasi di fargli un dispetto. Se vi fermate alla semantica di “Love mio”, vi concentrate solo sull'aspetto più superficiale del pezzo. "Milano Roma" cambia registro e sembra quasi un pezzo di quelli da ascoltare sul Tagadà al Luna Park. Eurodance spinta che dividerà i fan.
"L'ultimo giorno della terra" è un mid tempo che ricorda "Tra la strada e le stelle", il testo fa di nuovo riferimento a Roma e Milano, i due luoghi totem di Paradiso, ed è co-firmata da Takagi & Ketra. Non parlerei troppo di "Questa nostra stupida canzone d'amore" se non per dire che quando parte il piano si fermano anche i tram per cantarla. "Felicità Puttana" stessa cosa, solo si piange meno e si balla di più, non per niente è stata la vincitrice della scorsa estate.
Veniamo al gran finale, quello che rivela tutto del disco, che più lo ascolto più mi sembra un concept. Quel titolo, "Dr. House", che fa subito curiosità post moderna e invece è proprio ciò che sembrava all'inizio: una lettera aperta al protagonista di Dr. House - Medical Division che diventa quacos'altro. La prima parte, piano e voce, fa strano. Sembra di nuovo troppo personale da condividere. Solo quando apre, capisco che parla di tutti quelli che si riconoscono nelle figure della cultura pop che sono state fondamentali per scrivere il proprio romanzo di formazione, da Fantozzi a Ken il Guerriero. “Ma forse cerco solo un padre e l'ho trovato in te”, è lì che se sei predisposto ti vengono i brividi e vedi tutto l'album sotto una nuova luce, è lì che la figura di Tommaso Paradiso, cantautore e stella mediatica che negli anni si è attirato un plebiscito di fan e un abisso di hater, rivela un po' del vero sé, senza maschere o sovrastrutture.
"LOVE" è un album facile e al tempo stesso non lo è, perché musicalmente vive di due anime distinte: il synth pop e la ricerca della canzone d'autore più classica. A differenza di "Fuoricampo" e "Completamente Sold Out", la produzione sembra meno omogenea ma a un ascolto in loop si capisce che i brani sono tutti tasselli di un unico racconto, perlopiù autobiografico, dolceamaro come la commedia all'italiana. È l'album di un progetto in continua evoluzione, di cui è impossibile prevedere la prossima mossa, sia essa un pezzo per Sanremo, un album acustico, una svolta solo synth, un best of di duetti, un classico concerto rock da stadio o tutte queste anime messe assieme.
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La recensione LOVE di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-09-21 09:00:00
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