Attenti alle apparenze: in apertura il disco ha un sound che potrebbe essere rimasto sepolto nel rock'n'roll degli anni ’60; l’ennesimo rigurgito del passato che tenta strade già percorse per esprimersi. In verità, quel suono lontano si confronta subito con le criticità umane di oggi, attraverso composizioni in cui teatralità ed espressività lasciano un segno del tutto personale. Vero quindi che il passato torna in circolo, ma brilla di luce nuova. La scrittura emerge dalle suggestive atmosfere disegnate dagli strumenti, e la voce si anima di vibrazioni jazz, blues, folk. Un magma difficile da controllare, zeppo com’è di riferimenti musicali (Capossela, Bollani, Celentano, De Gregori), ma di cui si coglie il talento e il baricentro compositivo.
L’ascolto scivola piacevole e individua due nuclei tematici a reggere l’intera opera: la libertà e l’amore. Sentirsi liberi di professare il proprio credo, anche se irriverente o scomodo (“Dacci Oggi”), farsi travolgere dal desiderio di una femmina tra i tavoli di un bar (“Salsapariglia”), mostrarsi gentili verso chi ci ha rubato l’amore (“Cortesia”) e sorridere di fronte alla stoltezza e alla furbizia (“Tumban”), sono approcci alla vita leggeri, solari, descritti da un “osservatore esterno” che sembra prodigare perdono e serenità a tutti, dalla finestra della propria coscienza. A metà ascolto, l’album risulta creato per non pensare a niente, come se fosse sempre domenica, nonostante lasci continua traccia di sé. “Il fascino della divisa”, “Più bello nudo”, “Gazza ladra”, “Naftalina” sono storie che nascondono volontà di evasione e fuga, sotto a un senso di spensieratezza; piccole scene di amara, seppur ironica, quotidianità. E questo sottile sense of humor che pervade gran parte dell’album, ci piace.
Interessante, anche se potrebbe apparire scontato, orientato verso richiami familiari del passato, Tano e L’Ora D’Aria esprime una ammirevole costanza nel tirar dritto in modo coerente e godibile.
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