"Balla Sicilia! Balla Italia!". Con questa doppia esortazione si apre il terzo capitolo della saga di Roy Paci & Aretuska; inviti al ballo che si pongono un obiettivo preciso: far smuovere chi ascolta, provocare movimenti più o meno inconsulti, fossero anche limitati al piede o alla testa.
Rispetto ai due lavori precedenti, tuttavia, se lo scopo resta il medesimo, il mezzo cambia. O meglio, si amplia: lo ska, in precedenza presente in dosi massicce, fa ancora capolino da alcune tracce, ma, a parte rari casi (Up and down), il clima che permea l'intero disco è caratterizzato da sonorità ibride tra diverse tradizioni e suggestioni, in cui però i fiati continuano a farla da padroni.. Emblematico, in questo senso, è il brano di apertura (programmatico già dal titolo: Superreggae Stereomambo), che nel testo mette in fila una serie di luoghi in cui calare il disco e, soprattutto, in cui andare a ricercare le fonti di ispirazione, dalla Jamaica all'Egitto, passando per Brasile e Guatemala. Sempre, però, con un occhio all'Italia, tanto nei testi, quanto nell'immaginario generale, che, quando non punta a temi prettamente italici (la non molto riuscita Shock Politik, scritta a quattro mani con Diego Cugia, che in Autunno sarà tra gli autori del Rock Politik di Celentano), rimanda al tema dell'emigrazione nostrana, come in Gastarbeiter e What you see is what you get. Proprio in questi aspetti inciampano i testi, spesso in bilico tra stereotipo e rischio di qualunquismo, anche se, in assoluto, le note maggiormente dolenti del disco sono i passaggi in cui si è cercato di inserire nel miscelatore anche elementi rap, distanti anni-luce dalla atmosfere del disco.
A livello concettuale, le prove più convincenti si hanno quando il fuoco viene stretto maggiormente, come nei brani caratterizzati da un uso preponderante del dialetto (soprattutto Malarazza, cover di Modugno con cripto-citazione della Canzone di Marinella nel finale), in cui l'evidente affetto per i luoghi riesce a mascherare una certa superficialità dei testi, comunque presente.
Accanirsi su questo dettaglio, tuttavia, sarebbe piuttosto sterile, dal momento che è evidente che l'obiettivo di Paci & co. non è quello di veicolare messaggi di forte pregnanza filosofica, bensì quello di divertire, di far muovere la gente, come già detto. Questo obiettivo viene raggiunto pienamente, con tredici tracce che non annoiano mai e che diventano facile sottofondo per giornate d'Estate anticipata, come quelle di questi primi giorni di Maggio.
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La recensione Parola d’onore di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-05-30 00:00:00
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