Un album che alimenta la sempiterna fiamma dell'hard rock, ma il revival anni '70 è fin troppo presente
I Virtual Time hanno le idee chiarissime: sanno da dove vengono e dove vogliono arrivare e la loro musica mostra tutto ciò altrettanto manifestamente. Dopo “From the Roots to a Folded Sky” la band veneta, sempre nel 2018, ha dato alle stampe anche “Animal Regression” mettendo in scena la seconda parte di un progetto in cinque atti e dichiarando esplicitamente di essere stata fortemente influenzata da tutto ciò che è arrivato dai Led Zeppelin in poi. La loro regressione animale passa attraverso chitarre distorte, vocalizzi tirati e quasi primordiali, con qualche punta di psichedelia, per arrivare anche al funk.
Il deciso revival anni '70 è presente in tutte le otto tracce del disco e qualche volta si rischia l'effetto Greta Van Fleet, giovane formazione in rapida ascesa, ma con richiami fin troppo simili ai mostri sacri del rock ai quali si ispira. Nei brani “Heaven in hasking” e “Animal regression”, però, l'identità del gruppo esce di più rispetto ad altri pezzi e l'album si posiziona oltre la sufficienza all'interno di un'ipotetica classifica con votazione. Il mio consiglio è quello di proseguire in questa direzione di ricerca della propria strada per i prossimi tre capitoli previsti, alimentando, come già la band sta facendo discretamente, la sempiterna fiamma dell'hard rock.
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La recensione Animal Regression di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-04-08 16:07:14
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