Album da ascoltare al buio con gli occhi aperti. I piccoli puntelli sonori dei Campos rendono un album acustic-pop una vera perla.
Cosa si cela dietro alla musica dei Campos? Forse formule magiche mascherate da testi fluidi e un po' stranianti, forse ci sono delle lezioni di stile e delle storie umanissime, che ti ripiegano in quattro per la verità disarmante e la sfaccettata poesia, magari solo la voglia di sperimentare suoni su suoni finché il miscuglio non provoca un brivido.
Certamente "Umani, vento e piante" non è uno di quei dischi adrenalinici che colpiscono peggio di pugni allo stomaco, non sono le esplosioni sonore a giocare da protagoniste, niente distorsioni, sferragliate, e crush noises; in queste nuove 11 tracce i Campos restano fedeli alla formula di trio semi-acustico con la voglia di dream-pop che bene aveva fatto nel precedente lavoro "Viva", ma questa volta l'importanza del messaggio vuole arrivare a tutti con i testi in italiano.
Simone Bettin e soci sfoderano un disco tanto intimista quanto curioso, i brani vanno indagati con cura, ci sono particelle sonore che meccanicamente penetrano nell'orecchio fino a creare una sorta di irrinunciabile feticcio uditivo, testi cantati con leggerezza ma efficacissimi, metafore sognanti. Di canzone in canzone la band toscana riesce a mettere in piedi una scena di una commedia teatrale, costruita su un'ossatura di ritmo leggero, qualche pennata di chitarra acustica e delle basse profonde; a queste si legano tutti i satelliti sonori che plasmano i contorni e gli spigoli, tutto poi si riflette sulle parole.
"Madre moderna" e "Senza di te", "Bughialenta" ma anche la più eterea traccia di inizio "Passaggio" sono esempi perfetti di come non servano arrangiamenti pomposi, muri e muri di suono per essere incisivi, basta un po' di inventiva e ispirazione per mettere piccole campionature lo-fi in sequenza, pochi tocchi di synth o qualche coro ben eseguito in sovraincisione per creare atmosfere calamitiche. Brani come "S." e "Take me home" invece, spostano l'orologio indietro e mostrano l'aspetto più semplice del trio di Pisa, il cantautorato acustico alternativo nell'accezione più classica del termine; sono poi le stoccate più sperimentali dell'intero album "La notte il giorno", lo strumentale waltzer lisergico "Walter", la romantica "Colibrì", vera perla poetica su base ipnotica di suoni strani che poi si apre come una vera ballade moderna.
L'attitudine dei testi in italiano vicina ai Non Voglio Che Clara mescolata alla libera scelta dei suoni e l'intimità internazionale di Apparat, sono un connubio di riferimenti interessantissimo per una band italiana, "Umani, vento e piante" dei Campos è una perla da scovare, uno di quei dischi che non ti aspetti, trovi e custodisci gelosamente.
---
La recensione Umani, vento e piante di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-11-21 09:00:00
COMMENTI