C’è il suono della Madchester degli Stone Roses ed il britpop sfacciato degli Oasis nel nuovo album dei The Backlash
Madchester fu la sottocultura giovanile più significativa in Gran Bretagna a cavallo tra gli anni '80 e i '90, per quanto riguarda la musica e lo stile. La perfida Albione dominava la scena musicale con band quali Stone Roses, Charlatans, Happy Mondays, Inspiral Carpets e, in un secondo momento, Oasis, Verve, Blur, Pulp, Suede e molti altri ancora. C’era una volta la Madchester dell’Hacienda e del Thunderdome, dove questo popolo di “festaioli ad oltranza” ballava senza freni. C’era una volta la Creations Records di Alanc McGee, storico produttore discografico, reo di aver lanciato nel mondo non solo la pazzia dei fratelli Gallagher (ma in fondo ti siamo grati, grazi Alan!) ma anche scopritore di band quali Primal Scream, Ride, Slowdive. C’era una volta la Madchester e forse c’è ancora. Si, perché ascoltando “Mindtrap”, il primo lp dei milanesi The Backlash (Francesco Lucà alla chitarra, Luca Mangano alla batteria, Alessio Gatto alla voce e Federico Corsaro al basso) questo immaginario ideale c’è tutto (persino nel modo di pettinarsi) e sembra rivivere, con rinnovato vigore in tutti gli undici pezzi.
E così, se “Third Generation Anthem” richiama nel sound i Black Rebel Motorcycle Club, “Slow Flow” inizia a flirtare con ritmiche più consone ai classici suoni della scena britannica, una struttura narrativa che si ripete in loop, un po’ come “Columbia” degli Oasis e una batteria sempre più incalzante. Echi gallagheriani in “Bright” dove, in buona parte, l’intro sembra richiamare “The Shock of the Lightning”. Il sound si tinge delle sonorità tipiche di Ian Brown in “Dreams In A Cage”. “Another Time” “Breakaway” e “Bounds” suonano decisamente baggy mentre ancora i Gallagher si fanno sentire in “Time Being”, epica e militaresca nella sua pur breve durata. La titletrack, “Mindtrap” non delude. La voce allucinata e allucinogena, l’incedere netto della batteria e le potenti chitarre cacciano fuori l’anima della band e confezionano davvero un gran pezzo psych-rock di verviana memoria che cresce fino ad un finale dove la band giganteggia.“Knock it back” si tinge di quel blues massiccio à la Led Zeppelin che richiama il miglior rock degli anni Sessanta, quello che, per intenderci, ha fatto scuola e segnato un epoca e migliaia di band. Ascoltando “Behind a Locked Door” a quanti di voi, specialmente dopo le prime note, non verrà voglia di canticchiare “How many special people change? How many lives are living strange? Where were you while we were getting high?”. Si perchè è proprio il giro di “Champagne Supernova”, con tanto di tamburello in apertura, a colpire del brano. Tuttavia il pezzo ha certamente un andamento più psichedelico con il cantato sognante che la “Champagne Supernova” originale non ha.
“Mindtrap”, nonostante i continui richiami ad un genere e ad un periodo musicale ben circoscritto, è tutt’altro che una banale e stucchevole ripetizione di stilemi. Al di fuori del manierismo che lo avvolge è, invece, una potente miscela di britpop, shoegaze e psychedelic rock tutto ben calibrato, architettato e strutturato. Consapevoli e speranzosi (e lo siamo anche noi!), i The Backlash tentano di proporsi come figli legittimi, per gusto ed approccio alla scrittura, di quei movimenti culturali e sociali che resero grandiose le scene musicali degli anni ʼ60 e ʼ90.
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La recensione Mindtrap di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-03-17 18:00:00
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