Una formula divertente, innovativa e durevole nel tempo, da cui nasce un disco divertente e in grado di sorprendere
Cimentarsi con il repertorio altrui è un'operazione delicata e spesso rischiosa: è necessaria una buona personalità e una dose consistente di estro per non incappare nel pericolo di impietosi confronti con l'originale e nelle accuse di blasfemia di chiunque ritenga delittuoso ogni tentativo di cambiamento del comune patrimonio culturale.
Pericoli che i Sinfonico Honolulu hanno saputo gestire e capovolgere a loro favore attraverso una formula divertente, innovativa e durevole nel tempo, coinvolgendo una vera e propria orchestra composta da sette ukulele, basso, batteria e voce.
Sin dalla copertina, rivisitazione di "London Calling" dei Clash, con l'inevitabile ukulele al posto del basso di Paul Simonon, "Thousand Souls of Revolution", quarto album di una carriera ricca di sfide e di esibizioni live, è un omaggio alla new wave e al post punk degli anni 70-80, con salti temporali che portano fino ai Black Keys di "Lonely Boy".
Che si peschi dal catalogo di Ultravox, Depeche Mode, Inxs, Joy Division, Ramones o Stranglers, il risultato è allo stesso modo convincente perché riesce a dare nuovi colori a brani immortali, rispettandone le composizioni originali e mettendo in piedi arrangiamenti coraggiosi e ben costruiti.
Per questo "Thousand Souls of Revolution" è un disco divertente e in grado di sorprendere, in cui l’accurato lavoro su ogni singolo brano rende contagiosa la forza dell’entusiasmo.
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La recensione Thousand Souls of Revolution di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-10-30 00:00:00
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