Di scandinavo, forse, c’è solo l’accento svedese di fantozziana memoria. Sven Jørgensen, in realtà, è l’alter ego di Andrea Turrini da Desenzano del Garda. Profondo nord, certo, ma non troppo. Però, meglio chiarirlo, le coordinate esatte sono altrove, superato l’Oceano: America del Nord, per l’esattezza. La terra promessa per eccellenza, evocata fino al punto di trarre l’ispirazione utile a buttare giù certe ballatone, a tirare fuori qualche cenno di pop sofisticato, ad abbracciare il buon vecchio rock pestone e chitarroso, a crogiolarsi tra le certezze di una sei corde acustica.
Sven Jørgensen calpesta la breccia da quasi due decenni. È stato parte attiva di un bel po’ di progetti, passando dal grunge al brit-pop per poi trovare rifugio dalle parti dell’alt-country. Un curriculum vitae di tutto rispetto, impreziosito dalla recente collaborazione con i Maisie, con i quali ha suonato spesso e volentieri dal vivo. “On/Off Generation”, l’EP di esordio del musicista lombardo, può essere considerato il compendio di tanti anni di esperienza sul campo. Cinque canzoni scritte pensando a quei millennial in grado, beati loro, di trovare la soluzione di qualsiasi problema, compresi quelli esistenziali, azionando un banale interruttore. Canzoni che non disdegnano malinconia e leggerezza (l’opener “Listen to yourself”), che poi provano a irrobustirsi con suoni più muscolari (la rockeggiante “So glad”, la torrida “Living in a world that doesn’t exist”), a ingentilirsi (la ballad “Lost in patience”) o ad arrendersi alla chitarra acustica – a quella stessa chitarra che a un certo punto si mette a dialogare con un trombone – e alla polvere di un’ipotetica frontiera (“Untitled #2”).
Jørgensen ha dalla sua una forza interpretativa non indifferente, è bravo nello sfruttare una voce potente, ricca di sfumature, oltre che a sviluppare un processo di songwriting incisivo, spontaneo, immediato e dinamico. Va bene così, in attesa di una prova sulla lunga distanza.
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