Andate subito al pezzo numero tre dell'omonimo disco degli AfroQuiesa Orchestra. Fatto? Ok, benissimo. "Pezzo nuovissimo" è un piccolo/grande manifesto dell'arte di arrangiare una canzone in modo proprio, originale e di grande impatto, sia stilistico che, ovviamente, di impatto. Entro queste coordinate si muove tutto il disco dei lucchesi, letteralmente ricolmo di scelte ardite, di funk certo ma anche di tanto sperimentalismo che, almeno nei pezzi migliori, non è mai fine a se stesso ma è sempre governato dall'unico e vero dio che pare che i toscani seguano: il dio ritmo, signore dei piedini che si muovono a tempo e che ci fa sudare in pista.
Un suono quindi grumoso, profondo e che ti si appiccica addosso senza darti fastidio, anzi, come una mano che ti accompagna e ti sostiene per un sentiero di alta. E se si è pronti a scalare la vetta del disco dei AfroQuiesa Orchestra si avrà come "premio" l'ascolto di un lavoro di musicisti che sanno il fatto loro, innamorati della musica e che rischierà, seriamente, di farvi anche ballare. Ecco, tra la pesantezza di comunque arrangiamenti abbastanza barocchi e questi improvvisi sprazzi di luce "funk", vanno i lucchesi: non sappiamo quale strada hanno scelto (né se hanno intenzione, per forza di cose, di sceglierne proprio una). Al momento possiamo dirvi che questo disco non è perfetto, si prende delle pause e dei momenti in cui perde troppo tempo ad ammirare il paesaggio circostante: ma in fondo chi siamo noi per giudicare come si scala la sacra montagna del funk sperimentale. Occhio solo ai passi falsi e, naturalmente, agli strapiombi: in fondo quel che conta è arrivare fino in cima no?
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