L’occitano è una delle lingue parlate nell’Italia in minoranza, diffuso soprattutto tra le valli del Piemonte Occidentale, dove è difeso a denti stretti dalla popolazione autoctona, alla faccia di una globalizzazione che non ha mai avuto voglia di sentir parlare di differenze. Se l’occitano resiste ed è ancora vivo, lo si deve anche a chi lo ha messo in musica, a chi lo ha cantato esportandolo al di fuori dei suoi confini. Qualcuno ricorda i Lou Dalfin? Sono stati i primi a uscire dal guscio, ma dietro la loro ombra c’era, e c’è tuttora, un sottobosco vivace e colorato. Dal quale, 25 anni or sono, sono usciti i Lou Seriol, che festeggiano il loro primo quarto di secolo con l’album numero undici della loro produzione,“Occitan”.
Il disco, prodotto da Riccardo Parravicini (già al lavoro, tra i tanti, con Marlene Kunz, Daniele Silvestri, Teatro degli Orrori), centrifuga la tradizione della terra occitana con il reggae, il dub, il funk, la dance, il rock, il blues, il combat-folk. La cover di “Anarchy in the UK” (“Anarquia en Occitania”), la prima mai registrata in studio dai Lou Seriol, è l’emblema di una contaminazione pressoché totale, in grado di armonizzare le “svisate” della fisarmonica con l’elettronica, la robustezza delle chitarre, gli anni ’90, la vivacità dei fiati. Con “Occitan” si poga e ci si diverte e, al tempo stesso, si rimane ancorati a uno spirito popolare che ammanta dodici canzoni scritte pensando alla libertà, alle migrazioni, ai sogni infranti, alle più disparate questioni sociali. Con un unico filo conduttore: la lingua occitana. Rivendicata con fierezza e orgoglio dai Lou Seriol: 25 anni portati benissimo. Come si dice tanto di cappello in occitano?
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.