Una “campestre” rilettura acustica che trasforma le velate suggestioni gotiche dell’esordio in romanticherie neofolk anemiche e inoffensive.
Stenterete a crederci ma ci sono ancora band che, pur avendo un solo disco sul groppone, invece di buttarsi anima e corpo nella registrazione di nuove canzoni preferiscono rimettere mano a quello per provare l’ebbrezza di un suo illusorio ritorno a nuova vita. Chiedete pure ai Søren, i quali, in un bel giorno di fine estate, caricano gli strumenti sul furgone e se ne scappano nelle campagne sabine per (ri)registrare all’aperto (in presa diretta) alcuni dei nove brani del loro “Stargazing”, peraltro già recensito dal sottoscritto a inizio 2018.
La risultante, forse ispirata dai placidi umori campestri, è una rivisitazione integralmente acustica, oltremodo scheletrica e intimista, delle velate suggestioni gotiche che permeavano quel debutto. Purtroppo però, vuoi per la mancanza degli archi di Joni Fuller, che riduce ai minimi termini il pathos chiaroscurale delle versioni originarie, vuoi anche per lo smodato assottigliamento dei filamenti acustici che innervavano quell’opera prima, la band capitolina si ritrova ad affratellare voci, chitarra e percussioni all'ombra di un neofolk tanto romantico quanto anemico e inoffensivo (“Houses”, “Our Sky”, la title track).
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La recensione Stargazing Live! di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-03-21 11:27:00
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