Alla fine dell'ennesimo ascolto di "Vantablack" ci si domanda davvero se si è stati capaci di trovare tutti i rimandi o le micro/macro citazioni che, letteralmente, sono disseminate in ogni angolo del disco. Ecco già da questo giudizio, non così preliminare, potete capire tutti i nostri dubbi di fronte al lavoro de The Black Canvas. Eppure la band pistoiese non è che sbagli qualcosa a livello squisitamente musicale, anzi. Dal punto di vista meramente tecnico, ma anche della registrazione in sé, la qualità è alta e non si possono fare appunti in merito. Un pezzo come "Ride the Flow", il nostro preferito, è un vero sfoggio se non saggio delle capacità tecniche dei toscani, che sono capaci come pochi di imbrigliare il metal e fonderlo con la new-wave. Ecco, tutto bene no? Beh non proprio dato che, nonostante un album sicuramente corposo, non siamo stati in grado, se non davvero a fatica, di trovare una sola oncia di originalità, schietta e genuina, in "Vantablack". Tutto è talmente rifinito e definito che il brivido della scoperta e della sorpresa non l'abbiamo mai provato ed è un peccato questo, soprattutto viste le conoscenze e le capacità tecnico/musicali de The Black Canvas. Non quindi la più sonora delle bocciature per la band di Pistoia, ci mancherebbe (le orecchie ce l'abbiamo anche noi) ma un "ci rivediamo a settembre" ci sentiamo di poterlo pronunciare. Chissà che alla prossima sessione degli esami ci sia meno attenzione e più ispirazione?
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