Spente le 20 candeline con "I campioni siamo noi”, raccolta del loro “best of”, i torinesi Statuto tornano in pista con una serie di inediti chiamati a collezionare “Sempre”.
Il titolo parla chiaro e dà l’idea di una certa coerenza. Quella che contraddistingue gli Statuto da sempre, con le loro idee mods, con il loro amore sviscerato per ska e beat italiano anni Sessanta. Coerenza che qua e là denota segni di ripetitività (“Pazzo”, molto somigliante a “E’ tornato Garibaldi”, o le varie “Vivere felici”, “Sali sù”, “Mentalità da strada”). Canzoni che si ascoltano con molto piacere ma che non aggiungono altro a quello che già ci era giunto in passato dal combo torinese.
Sorprendono invece piacevolmente le uscite dagli schemi quale ad esempio la title-track, che rappresenta il primo brano “lento” di Oskar Giammarinaro e soci. Romanticismo d’altri tempi. Della serie: “anche i mods hanno un cuore tenero...”. Godibilissimo il surf-rock di “Un fiore nel cemento”, il rocksteady di “L’onorevole” e lo ska-beat di “Una piccola formalità”. Ok, questi brani (tranne “L’onorevole”) arrivano da altri compositori, essendo covers sulle quali Oskar ha scritto i testi, ma la loro interpretazione lascia il segno. Corre veloce “In fabbrica”, scritta e suonata con gli amici Gang, dove lo ska dei torinesi ed il combat-folk dei marchigiani danno buoni frutti musicalmente. Un po’ meno nelle liriche, con frasi sì efficaci sul fronte “messaggio ricevuto”, decisamente meno dal lato artistico: “Meglio un posto al sole che un turno alla catena”, o “Come vorrei che fosse ieri, vorrei un fine settimana, ma oggi è lunedì, si ricomincia la catena”. E chi non lo vorrebbe?
Apprezzabile, infine, “Torno a cantare”, sia dal lato musicale che da quello testuale. Oskar narra i momenti tragici della sua vita, la perdita del padre e la perdita dell’uso della voce. Ne è venuto fuori, a fatica, ma ce l’ha fatta. Hanno gioito tutti i suoi fans. Un po’ meno i detrattori della ska-band più longeva d’Italia, quella fazione politico-promoter-giornalistica presa di mira in “L’onorevole” e che vieta agli Statuto di suonare e di avere voce nella propria città.
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