"Parole semplici", la canzone che apre questo "Etimologia" di Francesco Sbraccia, è molto simile ad un abbraccio caldo di prima mattina. Il cantautore di Teramo infatti riesce nella non facile impresa di evocare da un lato il "primo" Colapesce e, dall'altro, di donarci anche la propria visione del mondo e delle cose. E non potrebbe essere altrimenti, in un disco che si intitola, giustappunto, "Etimologia". Proprio di etimologia, in fondo, parlano un po' tutte le canzoni, declinate attraverso un pop accurato e certosino, che si lascia ascoltare praticamente in ogni occasione, tanto è dolce, delicato e cangiante nella sua "pura" semplicità. Non stiamo parlando, bisogna dirlo, di un "miracolo" in fatto di arrangiamenti, che sono forse un po' il punto debole dell'intero album di Sbraccia che però nel lavorio testi regala davvero delle piccole/grandi perle. Anche la stessa title-track, che invece si sposta sul "lato" dell'ultimo Niccolò Fabi, è un perfetto esempio di cantautorato-pop con un testo, ancora una volta, non banale. Ecco, forse sta proprio qui il valore più importante che ci dà questo disco: ovvero la possibilità, senza scomodare massimi sistemi o parole volutamente artificiose (o peggio, citazionismo di maniera), di scrivere in modo autorevole e perfettamente funzionante del cantautorato attraverso un linguaggio semplice e cristallino. E dopo anni di arzigogoli con "tanta aria e poca anima", fa un gran bene ascoltare "Etimologia".
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