Un album dalle linee folk-rock che omaggia i grandi autori del passato
Verrebbe naturale associare il cantautorato italiano a giradischi, vinili e qualunque altro supporto fisico per ascoltare musica. La quasi totale digitalizzazione di musica e parole dei giorni d'oggi, però, ha modificato completamente le modalità di fruizione degli ascoltatori e quelle di diffusione dei contenuti da parte dei musicisti. Spesso accade, dunque, che anche chi è cresciuto ascoltando De André e altri autori, diventati ormai “classici” della nostra cultura, produca lavori che vengono poi distribuiti solo tramite piattaforme digitali. E' il caso dei Costa Volpara, la formazione viterbina guidata da Antonello Giovanni Budano, che cura la quasi totalità di testi, arrangiamenti e musiche di “Un mestiere che non è”.
La tradizione viene, in questo caso, incanalata verso l'innovazione, almeno nel modo in cui le idee vengono veicolate verso un potenziale pubblico. Per quanto riguarda, invece, la forma in cui le canzoni sono state scritte, il passato torna fortemente alla ribalta, con una riverenza quasi solenne verso uno stile quasi retrò, seppur sempre difficilmente scalfibile dal tempo che avanza inesorabile: se nei dischi precedenti le associazioni di pensiero andavano verso Guccini, Branduardi, Modena City Ramblers e altri nomi simili, anche in questo caso le influenze rimangono quelle austere e collaudate del folk-rock italiano riconducibile allo stesso perimetro. “Onda lunga dell'inverno” e “Non basta una canzone” guidano il percorso, che però negli altri pezzi ogni tanto torna a ripetersi. Variare e sperimentare nuove linee melodiche potrebbe portare nuova linfa creativa al prossimo lavoro.
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La recensione Un mestiere che non è di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-04-30 10:15:05
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