Il Rumore delle Tregua nel bel mezzo del deserto.
Nel bel mezzo del Mojave. Il Rumore della Tregua si è dato appuntamento da quelle parti a scrutare orizzonti infiniti, in cerca di peyote e mescalina. Per dare vita a un suono nuovo o, quantomeno, racchiuderlo in una qualche forma, affinarlo dopo cinque anni passati a scrivere una canzone dopo l’altra. Un suono ancor più desertico, acido, onirico, polveroso. Preso in consegna da Giuliano Dottori (già con i seminali Amor Fou) in cabina di regia, Antonio Cupertino (Verdena, Calibro 35) al mixer e da una band decisa a rinverdire i fasti di “Una trincea nel mare”, l’album di debutto (era il 2015), che ai tempi valse una segnalazione al Premio Tenco, nella categoria “Migliore opera prima”.
A distanza di quattro anni, il gruppo milanese irrobustisce la propria cifra stilistica con generose spruzzate di Hammond e con la presenza del buon vecchio mellotron, quasi a cercare un aggancio (apparentemente improbabile) con il prog (l’attacco di “Appeso”, per esempio), o forse soltanto per ribadire una fatale attrazione per gli anni ’70 nel suo complesso. Che scivolano dentro “Canzoni di festa” come se niente fosse, ben saldati a calde atmosfere western degne di un Ennio Morricone, ai treni lenti (ed elettrici) di sua maestà Bob Dylan, alle ferite sanguinanti evocate dai Calexico o da Hugo Race, tra echi alt-country e blues, fino a trovare spazio persino all'interno di ampi respiri che potremmo definire pop (“Cani dell’estate”, la conclusiva “Osso”).
Al centro della poetica del Rumore della Tregua trovano posto personaggi ai margini (i “Cani esclusi dal branco”, cantati in “Naira”) ben intenzionati a coprirsi di lividi, sciamani devoti al “Santo patrono delle occasioni mancate”, immersi in irrimediabili rimpianti (“Forse da bambino avrei dovuto perder tempo”), stretti attorno al calore di un immaginario poetico e visionario (“Voglio essere i tuoi occhi, voglio essere i tuoi versi”). Canzoni per una festa per nulla mesta, a patto che ci si ritrovi nel cuore della notte, quando il deserto brulica di vita e le stelle si accendono, orgogliose del loro splendore.
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La recensione Canzoni di Festa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-02-26 09:00:00
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