Nonostante il titolo, l’ultimo lavoro di Andrea Ceccanti sembra entrare col passo felpato di un gatto, accostandosi impercettibilmente a calma e semplicità, attraverso ritmi dal sapore cantautoriale che s’intrecciano con chitarre elettriche e acustiche e l’orecchiabilità tipica del pop. Parallelamente cerca nuove soluzioni in momenti strumentali che abbracciano il jazz e il folk (“Ci passerà” su tutte). Suonato e prodotto assieme a Giuliano Dottori, si capisce subito che è un disco curato nei dettagli, dove musica e parole sono ugualmente importanti.
“Un nuovo re” e “Un modo semplice” parlano di cambiamenti e della consapevolezza del dolore delle scelte, a volte necessarie, struggenti eppure fondamentali; “Una domenica minuscola” è quotidianità e bellezza, che fa da contraltare alla “domenica bestiale” di concatiana memoria. A vincere, qui, sono le piccole cose che, viste da un altro punto di vista, sono molto più grandi di quanto immaginiamo. “Rumore” e “Nemmeno un attimo” meritano una nota a parte e molto più di un ascolto distratto e superficiale: sono i brani migliori del disco per la loro capacità di parlare direttamente al cuore e di analizzare il tempo. La prima è il suono di anime che si sfiorano, persone ed essenze che viaggiano parallele, s’incontrano e s’inseguono, in lotta costante con il tempo che passa, ma “io e te sappiamo aspettare” e “se ci vola il tempo / fermiamoci un po’ / sull’argine del giorno / distesi nella luce / di questa città”.
La seconda chiude il disco, eppure ne è la vetta più alta. È impregnata di ricordi e di vita vissuta, sembra essere ambientata fuori dal tempo, quando non c’è più niente. È perdita, mancanza struggente, la consapevolezza che il tempo sia sempre troppo poco, e quindi la necessità di custodire ciò che conta e fermare gli orologi nei momenti più importanti. Gli ultimi due minuti e mezzo sono strumentali, perché musica e parole abbiano lo stesso peso e parlino entrambe direttamente al cuore, con forme diverse, ma trasmettendo la stessa idea,
Insomma tutto il disco è fatto di essenza e di sostanza, di dolore e consapevolezza, di cambiamenti dolorosi e necessari. Non dà soluzioni semplici per esorcizzare il dolore, ché forse è un’utopia, ma suggerisce possibilità di mitigarlo dando valore a ciò che è più importante.
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