La schizofrenia compositiva dei Mojoshine non lascia indifferenti: se siete annoiati dalle solite canzoni che scorrono lisce e senza corti circuiti d’alcun tipo, con “La colpa non è tua” troverete pane per i vostri denti. In ciascun pezzo dei Mojoshine, infatti, un attimo prima non si può prevedere cosa accadrà l’attimo dopo e questo permette alla band di Tagliacozzo di mantenere costante la suspance e altissima la tensione dei brani, anche in pezzi più “standard rock”, come “Pillow”, uno dei più lineari del combo.
Si possono certo sentire ancora caldi e fumanti gli artisti che hanno contribuito alla follia creativa dei Mojoshine (su tutti un ritorno periodico degli aromi di Afterhours su effluvi di Marta Sui Tubi) ma sono ispirazioni talmente variegate e ben intrecciate nelle trame sonore che alla fine non ce n’è uno in particolare che risalta troppo sugli altri.
Leggendo la presentazione della band si comprende anche il motivo di questa libertà compositiva. I nostri spiegano infatti che “ognuno di noi ha avuto carta bianca nel contaminare il proprio arrangiamento nello sviluppo di ogni singola canzone” e quindi i loro brani sono un’armonica fusione di tante menti diverse, in cui si alternano con grande complicità voci maschili e voci femminili, testi in italiano e testi in inglese, momenti di potenza rock devastante e momenti in cui i ritmi rallentano, senza però mai scalfire l’adrenalina.
L’autenticità e la schiettezza dei Mojoshine è quasi punk, non tanto per le sonorità quanto per l’attitudine, e benché non facciano ancora gridare al miracolo (perché qualche piccola soluzione di comodo in questo lavoro è comunque presente) evidenziano la caratura di una band che sa decisamente il fatto suo.
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