L’artista in questione celebra venti anni di carriera con questo disco che è un live dei suoi pezzi più belli. Già conosciuto nella prima edizione di X-Factor e come co-autore di alcune canzoni di Tiziano Ferro, Dabbono è un cantautore affermato, i cui primi lavori vantano la produzione dei Planet Funk e di Alessandro Finaz della Bandabardò. Questa necessaria premessa introduce il percorso di un abile polistrumentista, di un avventuriero della penna che sembra sussurrare, quando canta, il suo incantesimo liberatorio. Ciò è ancora più evidente dal vivo: il getto di folk-irish, rock, pop, blues, deflagra sul pubblico e porta l’ascoltatore a salire e scendere dall’ottovolante.
“Piano” è il modo in cui l’artista affonda i polsi nella sua esistenza; è una danza lenta, scandita da una chitarra visionaria. A comporre nella maniera giusta il puzzle della sua musica, Dabbono canta “Le onde”: una boccata d’aria in alto mare, dove abbandonarsi in balia dei flutti. Continua poi con un pezzo dalla presa soave (“E tu non ti ricordi”), ma è con “Capo di buona speranza” che il ritmo esotico fa salire il cuore in gola e stampa un sorriso sulle labbra. Il pubblico è in festa durante il viaggio in “Siberia” tra aromi folk e spezie gipsy (“Scritto sulla pelle”); su di un “Treno per il sud” prosegue la danza contagiosa degli astanti. Tornano melodie delicate a placare gli umori (“Le cose che sbaglio”, “Mio padre”) che poi ronzano come motori accesi nella corposità del rock dei pezzi finali del live (“Alla fine”, “Mostar”).
Questo disco, intitolato “Leonesse”, vuole omaggiare il coraggio femminile, l’intelligenza e la forza delle donne attraverso “canzoni materne e feroci” che assorbono l’antica energia delle origini. Ascoltarlo dal vivo avrebbe avuto tutto un altro fascino, ma questa raccolta live lascia comunque bellezza.
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