Pare chiaro anzi del tutto come evidente che un ep come questo "B.O.T.H. - Birth Of The Hermaphrodite” non possa essere analizzato a dovere con i "classici strumenti della critica di latamente pop". Già perché il lavoro imbastito dall'artista livornese Abracadarab porta, per forza di cose, l'ascoltatore e il critico verso lidi poco battuti: ovvero mostra vertiginosi orizzonti fatto di una sperimentazione musicale radicale, dove l'elettronica è rarefatta e l'ambient talmente concettuale da, letteralmente, "sfuggire tra le dita". Eppure proprio quest'apparente inconsistenza dei pezzi è proprio la loro forza. Infatti se si si ribalta la questione ci accorgerete che i sei minuti della prima traccia, "For Aaron Swartz", non possono proprio essere intesi secondo criteri "normali" di ascolto di canzone pop: se si fa così, non ci capirà nulla, anzi si scapperà via dopo poco più di un minuto di ascolto. Ma se invece ci si approccerà al pezzo con la mente aperta ad un trip sonoro allora cambierà tutto: i ritornelli, il ritmo e tutte queste amenità radiofoniche scompariranno per accogliere un mondo nuovo fatto di echi, sibili e micro-pulsazioni che solo i più attenti saranno in grado di cogliere. Ecco allora che l'ep che abbiamo di fronte non è facile, anzi e, peggio, "ama essere difficile". Insomma se amate l'accessibilità sempre e comunque Abracadarab non fa per voi: ma se siete affascinati dai labirinti, dagli intrichi e dai paesaggi allucinati, immergetevi con fiducia, ne vale la pena. Anche di perdersi (specie in "Nook or Nuke dove Colapesce incontra i Generic Animal).
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