Gli Epo, una delle formazioni più originali del nostro belpaese, hanno da poco dato alla luce la loro quinta fatica sulla lunga distanza, “Enea”, un disco che conferma la scrittura raffinata e la concezione degli arrangiamenti personalissima di questa band partenopea che riesce a fondere nello stesso scenario sonoro il Sole di Napoli e i panorami desolati del nord Europa.
Questa fusione tra un caldo cuore pulsante di origine campana e un corpo dai lineamenti e i colori internazionali raggiunge il suo apice con questo lavoro in cui per la prima volta gli Epo cantano tutti i brani in dialetto napoletano mentre le basi strumentali sembrano appropriarsi del soffio glaciale dei Sigur Rós e dell’ossatura dei Portishead.
Queste undici nuove canzoni, la cui produzione artistica è opera di Daniele “Ilmafio” Tortora (Daniele Silvestri, Afterhours, Diodato), si muovono con tranquillità e delicatezza, a passi lenti, prendendosi il giusto tempo per soffermarsi a riflettere sul proprio passato, sulle esperienze vissute, sui sogni ancora da realizzare e soprattutto sull’amore, osservato da vicino ma da angolazioni diverse nei testi introspettivi e figli di una vena poetica d’altri tempi, quella più cara alla tradizione napoletana.
Ciliegina sulla torta di un disco che di per sé era già un gioiellino, troviamo i featuring con la suadente tromba di Roy Paci e i vibranti archi di Rodrigo D’Erasmo che arricchiscono ulteriormente il suono di “Enea”, permettendogli di partire per il suo lungo viaggio diffondendo ovunque la voce di Ciro Tuzzi e dei suoi Epo.
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