Turbolenza elettrica a prezzi di saldo, tra abrasioni stoner e torbido hard rock settantiano.
Breve ma impattante il debutto degli Space Carlos; appena cinque brani dal peso specifico consistente, per frontalità elettrica in primis, in quel loro essere devotamente affezionati a certo hard rock settantiano (vi basti il Santana più torbido e “abraxiano” imbrigliato tra le ragnatele zeppeliniane dell’opener “Caverne”) ma soprattutto alle abrasioni su 6 corde di uno stoner rock trasversale che guarda tanto ai Kyuss (“Visitatore” e “Lava”) quanto a modelli geograficamente più vicini a noi come gli OJM o gli Alix (questi ultimi nei lividi sonori più blueseggianti – “Morsa”).
Un disco marcatamente chitarrocentrico, quello della band estense, che sa distribuire oculatamente su due chitarre portanti la giusta tensione psych-rumoristica senza però eclissare le serrate incursioni vocali – in lingua natia – di Matteo Maragno né la funzionale corazza ritmica di Filippo Cavallini e Carlo Calanchi, che sa tenere botta a dovere senza autofagocitarsi.
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La recensione Space Carlos di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-05-30 11:33:17
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