Una cialda leggera e croccante farcita di parole libere e verità.
Una cialda leggera e croccante farcita di parole libere e verità: il fru fru di Edda si scioglie in bocca come il gusto amaro e sincero della vita, come un racconto che prende lo stomaco e graffia la pelle senza condizionamenti né ipotetici traguardi da raggiungere, lui è lui, e non si preoccupa di piacere, a nessuno. In questo disco l’anima rock, sempre presente come nume tutelare di energia e piglio sfrontato, si tinge di pop, si permette attitudini da dancefloor, per piangere e ballare, per abbracciarsi o guardarsi da lontano dai bordi della pista, mentre tutti vanno via e resta da trovare il punto giusto in cui incontrarsi, o dirsi addio.
C’è quell’attitudine al racconto estemporaneo, al passare dalla realtà feroce ai brividi più profondi: nell’eccesso costante di essere se stesso Edda colpisce ancora per quel suo modo apparentemente semplice di lanciare bombe, dire quello che non si può dire, accarezzare i pensieri e farli suoi. Amo il mood sixties di “Vanità”, la spiritualità che s’affaccia da ogni lato sul pop rock di “Samsara”, tra santi e carne, in ogni senso; amo il non porsi regole, le scelte dirette, l’emancipazione da una scena e dai generi che in questo album si compie, ma che in fondo Edda porta avanti da sempre. Balliamo con “E se” mentre le strofe sono pugni nello stomaco, balliamo ancora con “The soldati”: “sono frocio a Natale, prima stavo sempre male, sono un angelo spaziale”, nel cercare le rime l’assoluta audacia e il nascondere in ogni riga le pieghe di un’esistenza densa. Il falsetto di “Edda” mi stende, quasi volesse salire oltre le cose di ogni giorno e arrivare dove la tristezza diventa, per forza o per inerzia, rinascita, e allora tutto diventa più chiaro: la leggerezza che Edda dice di aver cercato è il cantare in sè, cantare quello che vuole e sentire di aver fatto bene, che siano cose allegre, drappi malinconici, sesso, amore e santità, l’importante è che tutti possano cantare con lui.
Edda dimmi come fai, a essere così distante dal resto del panorama musicale italiano e al tempo stesso sostenerlo come colonna portante con la tua forza esplosiva, debordante e unica: ci lasci entrare nel tuo immaginario schietto e ci sei tu, in pieno e a fuoco, in questa cialda leggerissima ripiena di follia e umanità, con gli occhi che guardano negli occhi, risate che spezzano la tensione e diluiscono i momenti no, e tu che splendi, semper biot.
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La recensione Fru fru di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-03-04 15:00:00
COMMENTI (1)
Lui è veramente altrove!