Un disco che parla di sonno e sogno tra sonorità trap ed elettroniche. Troppo lungo e dispersivo ma efficace in acuni passaggi. Manca ancora una direzione.
Se la quantità dovesse parlare prima della qualità, definiremmo l’album di oggi un disco troppo lungo e dispersivo per sostenere fino in fondo il suo nucleo tematico senza indurci a sbadigliare troppo. E così, direte voi, parlando di sonno e di sogno, vien da sé accasciarsi sul divano durante l’ascolto. Eppure le sonorità del disco non sono delle ninnenanne eteree, rarefatte, evanescenti come i sogni; risultano piuttosto sintetiche e discordanti unite alla voce di Anton che non fa (volutamente) del canto melodia. Dunque, se la sintesi non risulta un dono, cosa dire della qualità del prodotto? Altalenante, come un ritmo del sonno inceppato che funziona benissimo in alcuni passaggi per poi bloccarsi in altri.
L’artista di oggi è uno giovane e con tanta voglia di esprimersi; si definisce pittore, cantautore, cantante. Ha realizzato diversi album e continua a produrne, sempre in costante fermento e iperattività. Il suo ultimo lavoro (di cui vi parliamo oggi) è una raccolta di brani che unisce la trap, il pop, il cantautorato e l’elettronica; le canzoni parlano d’amore, di sconfitta e contengono tutte la dicotomia semantica “Sonno/Sogno”. Così il docile dormiente di “Disco inferno” dissuade da chi lo ha affranto; la matrice dei sogni da collaudare è ne “Il muro del decoro di un amore”; il sogno come petali di rosa, rive di un tempo da custodire, si svela ne “Le rive dell’amore”; il ridestarsi da un sogno disfatto appare in “Sono non desto” e poi lo stesso tema lo si rintraccia già nel titolo di altre canzoni (“La favola del sonno”, “La foce del sonno”, “Sogni d’armi”, “Dormienti nel futuro”). Interessante certa ricerca dei suoni e dei contenuti.
A questo punto ci vien da porgere una domanda all’autore nella volontà di scoprire quale sia il suo sogno di artista. Piuttosto che ricercare “constatazioni e pareri in ambito musicale” – cosa peraltro giustissima – forse prima occorrerebbe individuare meglio la propria direzione. Il disco contiene una meta, ma non ci arriva dritto; si perde nella lunghezza eccessiva del percorso e a volte sembra improvvisare il viaggio. Se invece ci fossimo sbagliati, nel rispetto dei sogni altrui, diremmo “buona fortuna e buon lavoro docile dormiente che dissuadi da chi ti ha affranto”.
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La recensione Vol 1 intro ---Mirko JKF---Andrea Possenti---testo canto--Anton. di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-07-24 12:04:00
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