Nei circa cinquanta minuti di ascolto di “Escalation” degli Spellbound Circle, nuvole grigie si addensano in un cielo ancora diurno ma dal quale traspare ben poca luce. Preannunciano una tempesta imminente e proiettano un forte senso di inquietudine.
Questo disco è quasi un racconto strumentale suddiviso in dieci capitoli, in cui il soggetto sembra essere proprio “la quiete prima della tempesta”. I tre musicisti bergamaschi danno vita a questo dipinto a tinte fosche con la formazione classica del rock: chitarra, basso e batteria. Tre soli strumenti che riescono a produrre ben più di cinquanta sfumature di grigio, passando da quelle più chiare e malinconiche fino a quelle più scure e tormentate.
La scrittura degli Spellbound Circle si sofferma sull’emozione, sull’impatto diretto dei suoni che producono sensazioni mai troppo articolate o descrittive, come dolori urlati senza comunicarne la causa, perché ciascuno ha le proprie ferite ma la sensazione che queste provocano le accomuna tutte e le racchiude, ancora una volta, entro le diverse sfumature di quello stesso colore, quel grigio che non ha ancora ceduto all’annullamento, alla distruzione totale del nero, ma che pure non è ancora in grado di abbandonarsi nella luminosità del bianco, così resta sospeso a metà, in attesa che venga finalmente la tempesta e che poi il Sole torni a splendere.
Un bel prologo, che certamente mostra qualche ingenuità da prima produzione e poche idee veramente personali, ma cominciando a scavare sempre più a fondo nelle loro emozioni gli Spellbound Circle possono produrre uragani.
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