I The Hidden Voice, tecnicamente validi, ci propinano un lavoro duro da masticare e digerire, a tratti piatto e senza anima.
Caparezza sosteneva che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un’artista e ,noi, siamo sostanzialmente d’accordo, specie se il primo lavoro è stato colossale. Oggi però non siamo qui per parlare di un’opera magna, anzi. I The Hidden Voice esordiscono nel panorama musicale con l’omonimo lavoro dopo aver accumulato, singolarmente, varie esperienze. C’è chi ha suonato con vari gruppi, chi all'estero e chi con nomi famosi del panorama musicale italiano ed internazionale. Tuttavia “The Hidden Voice” è un lavoro che non convince già dalla prima traccia. La voce ci sembra leggermente in affanno e, il sound, ricalca pedissequamente stilemi già ascoltati da certa musica d’oltreoceano.
Non va meglio nei pezzi in italiano “Io” e “Vado avanti da me” che risultano di gran lunga essere i momenti peggiori dell’album. I testi, il primo un’invettiva sociale il secondo, invece, più intimistico, non si amalgamano con il tessuto musicale, comunque discreto. I momenti migliori dell’album sono il brano strumentale, “Piperita’s Speech” che ricorda, vagamente, almeno per i primi tre minuti, i Pink Floyd di “The Endless River” per poi virare su un vorticare sfrenato di note, “Liver'n Bile” che ricorda certi brani dei Black Rebel Motorcycle Club e la funkeggiante “Pinky’s Power”. Impalpabile il resto del lavoro.
Se nel loro disegno ideale The Hidden Voice è un concetto, un’identità ben precisa, ovvero far emergere quella voce nascosta che ognuno di noi ha dentro e che nessuno ascolta, quella voce che ci dice cosa fare e come farla, i fatti ci dicono altro. Quella voce, in realtà, non emerge mai, resta sempre strozzata in gola. I The Hidden Voice, tecnicamente validi, ci propinano un lavoro duro da masticare e digerire, a tratti piatto e senza anima.
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La recensione The Hidden Voice di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-06-17 19:44:00
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