“Il cielo era un corpo coperto”, terzo disco del cantautore Effenberg, è un disco pop malinconico e raffinato che lascia sospesi a mezz’aria tra realtà e sogno
La voce acuta e vellutata di Effenberg è uno dei tratti più distintivi della sua musica, insieme al gusto fortemente cantautorale nel comporre canzoni delicate e perfettamente messe a fuoco, attraverso le quali l’artista toscano racconta storie quotidiane in maniera poetica e a volte addirittura onirica.
Con “Il cielo era un corpo coperto” Effenberg giunge al terzo lavoro sulla lunga distanza e anche in questo disco quello che continua a trasudare fortemente dalla sua musica è il magico dono di saper impacchettare con naturalezza brani che fanno diventare preziosa la semplicità, grazie ad una cura minuziosa per gli arrangiamenti mai troppo caotici o cerebrali ma sempre emozionali e diretti e ai testi che sono sempre un valore aggiunto, con quello sguardo da sognatore puntato sugli affetti, sui rapporti umani e sulla natura.
Edulcorando un po’ lo spirito “quasi punk” che era stato sguinzagliato nel precedente lavoro, “Elefanti per cena”, l’artista toscano in questo nuovo album si ritira nella sua intimità più profonda e si concentra su sonorità indie pop più malinconiche e sommesse, vicine al mondo sonoro costruito da Colapesce, Dimartino o Dente.
Le melodie pop, nella loro dimensione più amara e raggomitolata sui ricordi del passato, sono sempre in primo piano in questi dieci nuovi brani, tra i quali spiccano soprattutto “Altre cose degli abissi”, dedicato a Beatrice “La Visionaria”, pittrice originaria di Lucca e prematuramente scomparsa, e la title-track, “Il cielo era un corpo coperto” che si chiude (e chiude il disco) con una splendida coda strumentale che lascia sospesi a mezz’aria tra realtà e sogno.
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La recensione Il Cielo Era Un Corpo Coperto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-06-20 23:05:15
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