Ibridoma è una solida realtà del metal italiano praticamente dall’inizio del secolo, quasi-ventennio in cui hanno dato alle stampe 5 album. Questo ultimo ‘City of ruins’ porta come sempre la bandiera dell’heavy metal classico, con forti reminiscenze dei Judas Priest nella loro incarnazione post ‘80(e qui la vocalità di Christian Bartolacci aiuta non poco) e anche di gruppi come i Saxon (’Angels Of War’), ma con una produzione dal sound moderno e ritmiche e riffing più vicine al metal contemporaneo (’Evil Wind’, ’Terminator’). Non c’è nulla da eccepire, il livello tecnico dei musicisti è alto e la scrittura coniuga in maniera efficace melodia, aggressività e momenti strumentali. Qualche momento di stanca arriva con la title track, una ballad un po’ melensa (piaga di tantissimi gruppi metal anche più blasonati), in cui però arriva anche qualche verso in italiano a sottolineare con forza la chiave di lettura del pezzo e di tutto l’album: gli Ibridoma sono infatti marchigiani, e in un album con questo titolo e in versi come”Ora che tutto sembra perso, che tutto sia accaduto, troveremo la forza per rialzarci ancora” è difficile non vedere l’ombra del sisma che ha piegato la regione nel 2016. Un interessante e appassionato modo di calare nel mondo reale e nelle sue vicende un genere, come il metal, troppo spesso autoconfinato nell’iperuranio della sua estetica.
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