Una devastante carica sonora. Si potrebbe riassumere così la musica sprigionata dai Maeraia attraverso il loro primo lavoro sulla lunga distanza, “Hive”, nato da germi grunge e noise insinuatisi in desertici territori stoner.
La loro formula punta tutto sulle solide trame strumentali, tra le quali talvolta si ergono urla e versi che prendono forma tra la polvere sollevata dalle chitarre abrasive e da una sezione ritmica lobotomizzante. La principale vena narrativa delle composizioni viene sviscerata comunque attraverso i linguaggi degli strumenti, che portano a volte a scomodare facili riferimenti con i capofila dello stoner più granitico (Kyuss in primis) ma da cui i Maeraia sanno distaccarsi per una visuale più personale, deviata e con l’asse inclinato verso orbite diverse, che oscillano tra Black Sabbath e addirittura i Metallica (“Empty Mirrors”) trovando il proprio equilibrio proprio nella continua e ipnotica oscillazione tra influenze variegate, che generano effetti psichedelici.
In questo disco, che segue di un paio d’anni l’uscita di “Pepite”, primo ep della band (registrato in presa diretta), si può subodorare già aria di novità con l’inserimento dei synth che giocano a nascondino tra le distorsioni contribuendo a rendere più “metallici” e allucinati i suoni.
Il trio emiliano si era dimostrato sicuro di sé sin dall’esordio e non stupisce quindi che le loro idee stiano prendendo forma in una direzione sempre più ruvida e violenta ma anche sempre più bollente e intelligentemente delineata.
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