Un esordio pop elegante e già maturo, perfetto nella sua sintesi tra forma e contenuto.
Mi piace vedere FIL BO RIVA, al secolo Filippo Bonamici, come un rappresentante molto particolare della cosiddetta “fuga dei cervelli” dall’Italia –anche se visto il contesto, forse “fuga delle voci” risulta più appropriato. Probabilmente dare questa lettura alla sua vicenda biografica –iniziata a Roma e successivamente spostatasi a Dublino e Berlino- vuol dire darle dei significati che non ha; e tuttavia non riesco a smettere di pensare che la musica di FIL BO RIVA sia potuta nascere e svilupparsi, trovando una sua dimensione, solo stando lontana dall’ormai asfittico mondo dell’itpop italiano. Ma andiamo con ordine.
Dopo l’ep “If You're Alright, It's Alright”, avevo alte aspettative e una grande curiosità sul primo album di FIL BO RIVA, “Beautiful Sadness”: volevo capire in che direzioni avrebbe portato la sua musica, forte di un background europeo che pochi artisti italiani possono vantare. Devo ammettere che il risultato mi ha sorpreso: sarebbe stato probabilmente facile confezionare una versione 2.0 di “If You're Alright, It's Alright”, più in grande e con ancora più di quell’indie rock inglese che alla fine non passa mai –a costo di essere raramente memorabile. Ascoltando “Beautiful Sadness” ci si rende invece conto di tutto il cammino che c’è stato rispetto a quelle prime cinque canzoni. La voce roca e selvaggia degli inizi appare più serena e distesa, quasi come una bestia feroce addomesticata: “la potenza è nulla senza il controllo”, recitava un antico spot pubblicitario, e ora la voce del cantautore romano risuona senza incertezze attraverso l’album, in un equilibrio perfetto di forma e sostanza.
Anche le sonorità, come già detto qualche riga sopra, si sono evolute, e spaziano ora per una serie di generi e dimensioni musicali differenti, il cui minimo comune denominatore viene ad essere la lettura personale che FIL BO RIVA riesce a darne: abbiamo quindi inni assoluti di pop raffinato e coinvolgente, come “Go Rilla” e “L’impossibile” –pezzo in cui tra l’altro compaiono gli unici versi in italiano del disco, nonché quelli che vi ritroverete a cantare a squarciagola già al secondo ascolto-; gli omaggi agli ascolti fatti, tra cui spicca “Is it love?”, così beatlesiana che con un po’ di fantasia si possono sentire Lennon e McCartney nei cori; canzoni in cui i vecchi suoni, non completamente abbandonati né tantomeno rinnegati, ritornano in superficie in una versione adulta e matura –“Radio Fire” è un condensato di quattro minuti e mezzo di tutta la discografia degli Arctic Monkeys. L'alternanza tra i diversi generi proposti dà un buon ritmo al disco, che non arranca mai e fila liscissimo.
Il disco potrebbe essere quasi definito un concept album, visto che le tredici canzoni che lo compongono ruotano pressoché tutte attorno ad un unico argomento, sviscerato in tutte le sue sfaccettature: l’amore (tendenzialmente quello triste). E qui emerge ancora una volta il talento di FIL BO RIVA: riuscire a parlare di sentimenti per quasi un’ora, ma farlo in un modo così schietto onesto e vissuto –al netto di tutti gli accorgimenti tecnici e compositivi, che indubbiamente ci sono e fanno la loro parte- da evitare qualsiasi stucchevolezza e retorica sentimentale. Anche qui, grande equilibrio tra ciò che viene detto e il modo in cui viene fatto.
“Beautiful Sadness” è la prova di come sia ancora possibile fare musica pop in maniera autentica, senza rinchiudersi nelle quattro melodie stantie dell’itpop e nel gusto del verso sagace fine a se stesso. L’aver potuto godere per lungo tempo di una prospettiva esterna all’Italia ha probabilmente contribuito a ciò; la speranza è che questo disco possa spingere altri ad avere maggior coraggio e cercare una propria via nel mondo del pop, senza appoggiarsi eccessivamente a quello che funziona in un determinato momento.
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La recensione Beautiful Sadness di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-04-25 21:58:00
COMMENTI (1)
ascoltando 30 secondi di sette vostri brani posso dire che avete toccato varie parti della musica per conquistare potenziali ascoltatori;mi piace come mossa;del resto oggi la musica è vissuta dagli ascoltatori in modo diverso"direi causale"senza avere dei verie propri "fan"