L'attitudine di una rumorosa Seattle degli anni '90.
Metallo e sudore nei suoni e nell’attitudine dei Little Bot Lost. La storia della band padovana parte da lontano, da diversi anni fa, ponendosi l’unico obiettivo di fare musica. Sembra banale a dirsi, ma questo chiaro scopo si distanzia dalla musica come voglia di comporre o voglia di esibirsi live. Qui si mira a fare musica perché, come dicono i Little Boy Lost “la cosa più importante sono i dischi, perché sono l’unica cosa che rimarrà”. E come dargli torto. Prendi il loro disco JAUNT: se te lo trovassi sotto forma di musicassetta penseresti agli anni ‘90, ai Nirvana. Un po’ per i modi di fare e l’attitudine grunge, un po’ per i suoni, che attingono a piene mani proprio da quella decade e si disperdono in lande desertiche.
JAUNT è un concentrato di energico rock oscuro, che spesso si basa sulla ripetizione di riff taglienti. Anche la voce fa ripensare a Kurt Cobain, questa volta non per una netta sovrapposizione, ma per il modo in cui viene usata: per la trasposizione, la stessa che faceva sputare bile sul palco al leader dei Nirvana, tanto era viva e radicata nel profondo la sua voce. I Little Boy Lost partono dal rock anni ‘90 per poi virare verso tracce con basi quasi shoegaze (le chitarre digrignanti di Mirrors), e spunti di math rock (Dabstep, che sfociano poi nel rock più oscuro). Il disco viaggia su due binari quasi paralleli: uno che si fonda su canzoni brevi (anche sotto i canonici tre minuti) e l’altro che sconfina fino ad arrivare a sei minuti.
JAUNT è la ricerca di una personalità definita da parte dei Little Boy Lost: buon viaggio.
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La recensione JAUNT di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-06-22 11:04:00
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