Ci sono cose che vengono calibrate e modificate, pensate e ripensate, prima di prendere la loro forma definitiva. Ce ne sono anche altre che, invece, vengono naturali e nascono di getto, in pochi minuti, e durante la composizione di “Lunabardo” per Il Fulcro, band padovana nata nel 2016, è stato proprio così. I quattro musicisti che fanno parte della formazione veneta, infatti, si sono dedicati all'improvvisazione, ognuno portando un po' di sé all'interno del disco. Ne è uscito un lavoro particolare, corposo, strumentale, caratterizzato dalla quasi totale assenza della voce – è presente solo qualche urlo convulso, ad accompagnare gli alienati movimenti strumentali di “New York” e della seconda ed ultima bonus track, "Reaper from the future" - e dalla particolare varietà di elementi sonori, che vanno ad aggiungersi gli uni agli altri, strato su strato, come in un flusso non-sense che diventa sempre più intenso (“Pane elfico”, “La mandorla”).
Noise, acid rock e psichedelia sono solo alcune delle “macro classificazioni” possibili, anche se è davvero difficile riferirsi ad un solo genere parlando della musica de Il Fulcro, una sorta di lunga danza arcaica e tribale, che attinge dalle pulsioni più primitive e primordiali. Si tratta di un progetto singolare ed interessante, completato tramite un'alternanza di strumenti che comprende anche il degeridoo, abbastanza inusuale da trovare dalle nostre parti. A tutto ciò si aggiunga che la band ha realizzato un album completamente autoprodotto e registrato in gran parte in presa diretta, che potrebbe acquisire una potenza ancora maggiore durante la resa live.
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