Alternative rock con la potenza del metal per i cinque brani dell’omonimo ep dei Rebis, che mostrano una band urticante e affascinante come la medusa in copertina
Cinque pezzi per presentare il progetto dei Rebis attraverso un omonimo ep che già mostra la band alle prese con composizioni differenti: dall’opening strumentale ai pezzi cantati in inglese senza rinunciare ad un brano scritto in lingua madre.
Questo possente ep della band piemontese raccoglie le forze oscure degli abissi del grunge e le scaraventa con tutta la potenza del metal fino in superficie, accalappiando l’attenzione soprattutto grazie ad un buon uso delle melodie di matrice alternative rock, che ammorbidiscono senza far perdere ai cinque brani la loro spigolosa solidità, e ad un drumming sempre tiratissimo e pieno di sorprese. Le chitarre sono poi acciaio inossidabile fatto suono e condotto dalle briglie di un basso massiccio e ruggente.
La struttura dei brani è sempre tutt’altro che lineare, cogliendo a piene mani soprattutto dal crossover anni ’90 – che la band non nasconde di voler tirare a lucido e riportare in auge – ma prendendo forma in maniera originale anche grazie ad un bel lavoro fatto in sede di composizione e di arrangiamento.
Forse con soli cinque brani non si può dire molto, ma certamente bastano per comprendere la direzione che i Rebis intendono seguire e per mostrare come questa band sappia essere urticante e affascinante tanto quanto la medusa in copertina.
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La recensione Rebis di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-06-24 19:12:13
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