L'album di oggi rovista nel rock progressive del passato con efficace pratica di re(invenzione). Da ascoltare.
Usare il “copia e incolla” con la musica può sembrare un piacevole passatempo, una posa di stile, un esercizio di tecnica pura, ma anche un’inesauribile pratica di re(invenzione). La band di oggi crea un perfetto disco rock progressive attingendo dalla tradizione; sospinge la navetta spaziale delle proprie intuizioni sulla rotta della memoria. Recuperando i reperti delle precedenti missioni, li restaura e li mette in circolo verso galassie inesplorate. A questo punto il gioco è fatto: “Tous les héros” filtra le influenze prog e jazz del passato attraverso interessanti arrangiamenti strumentali, lunghe parti senza voce, sequenze dove il canto è ammaliante. Tutt’altro che tronfi, i Capside sono schietti e avvolti dal piacere immenso di fare musica.
Il brano che apre l’album gli dà il titolo; “Tous les héros” è una intro musicale, umorale e psicotica in cui si avverte raffinatezza, vivacità, stile. La traccia, però, risulta troppo lunga – sappiamo che il genere lo richiede – e sul colpo di coda ci distraiamo un po'. La voce suggestiva della cantante è al centro de “il mare dei messaggi”, cristallina e perfetta come le onde prima di infrangersi sulla riva. Segue a cantare ne “la casa e il ciliegio”, per musicare sogni a occhi aperti che il rock riporta alla realtà. Anche in “Jasmine” e in “silenzio” siamo presi da questo canto che, come una burrasca, devasta i porti e spaventa i marinai ma con l’effetto di una carezza. Diversi i lunghi intermezzi strumentali dotati di melodie di efficace lirismo (“uomini della città”, “tatari tzantrale”).
Alla fine dell’ascolto abbiamo capito il senso: soltanto rovistando fra le memorie più lontane, si può rintracciare un nuovo coraggio.
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La recensione Tous les héros di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-08-09 17:23:00
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