"I Finnegans" è un "album manifesto dell'AntiPunk". Così l'omonimo duo lombardo - Francesco Redaelli e Alessandro Biesuz - definisce queste nuove 14 tracce.
Quello che salta fin da subito all'orecchio è il bisogno di auto-affermazione rispetto a un genere, quello dell'indie, che assume, di giorno in giorno, caratteristiche sempre più liquide e sfuggenti. Spetta alla "discola" "Intro alla rivoluzione" porre l'ascoltatore davanti a una prima indispensabile condizione: far crollare ogni proprio schema riguardo alla staticità dei generi musicali. A seguire, le timbriche di "Stazione" aiutano a destrutturare la fissità dell'indi e del punk, ben preparando l'orecchio alla frivola "Controllore".
"Mela" si permette di indugiare su musicalità più ordinarie, così come "Camomillas", "Gessetti e pennarelli" e come la romantica "Pasolini perdonami". L'anima più irriverente e audace dei Finnegans scorre fluida tra le vene di "Noi siamo i Finnegans", "Socrate è sbronzo sulla 91" e "Caramelle gialle". Anima che, a parer nostro, merita di essere indagata senza temere troppo della propria irriverenza.
Una nota di merito va riservata alla ben riuscita originalità di "Il maestro".
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