"Slow", la terza traccia di questo "Sì, ma anche vediamo", è, almeno per noi, il pezzo più importante dell'intero album. Già perché questo pezzo è quello più rappresentativo della poetica di Paziest: ovvero sonorità da rap anni Novanta, buone basi musicali quasi r&b e dei testi mai banali, mai buttati "tanto per" ma sempre pensati e ponderati con grande cura. Inoltre, come se non bastasse, Paziest, rispetto a tanto rap contemporaneo, pare conoscere perfettamente "il potere" dei cori e delle "seconde e terze voci" che arricchiscono un disco già molto denso di suo. Intendiamoci, qui non si innova e se state cercando qualcosa di nuovo o, comunque, di maggiormente contemporaneo, il lavoro dell'artista lombardo non è proprio quello di cui avete bisogno. Tuttavia la bontà del disco rimane e rimane in maniera forte, come forte è il debito/tributo che Paziest attua nei confronti di Ghemon: "Cazzomene", per esempio, sembra quasi concepita per essere suonata dalle "Forze del bene", la band che giustappunto accompagna in live Ghemon (il che è un complimento grande quanto una casa!). E quindi a conti fatti ci troviamo di fronte ad un album proprio ricolmo di groove che, quasi quasi, ci ricorda certi esperimenti (purtroppo tracimati in una musica un po' troppo fané per i nostri gusti), tra acid-jazz e mondo hip-hop dei primi anni Novanta. Insomma proprio "di quella decade" odora il lavoro di Paziest ed è, ve lo assicuriamo, un profumo molto buono.
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