Nessuno sorpresa in "La terra dei Re". Eppure, va bene così
"La terra dei Re", per usare una metafora ci auguriamo comprensibile per tutti, è esattamente come una lunga strada di pianura in una giornata di sole: tira dritto, senza scossoni o curve improvvise e se ne può scorgere sia l'inizio come la fine. E proprio questa sensazione di "assenza di sorprese" dà l'album in questione di Vito Solfrizzo, un disco pop-rock, basato sulle chitarre, che abbiamo ascoltato in modo approfondito in questi giorni in cui ormai l'autunno ha, decisamente, bussato (anche) alle nostre porte. Prendete come esempio la lunga ballad "Senza età", la sesta traccia e la nostra preferita in assoluto. Qui Solfrizzo espone al massimo grado la propria idea di musica, ovvero una visione placida e, giustappunto, "ampia e piana" fatta di pop-rock radiofonico incentrato sulle chitarre, in cui la voce e, segnatamente il testo, non fanno che aumentare la sensazione di linearità. Intendiamoci: non avere scossoni non è, di per sé, un difetto, anzi. Infatti l'album in questione è un buon album, con qualche trovata interessante anche se per chi cerca, appunto, "qualche emozione in più" non consiglieremmo certo di avventurarsi in questi lidi. Chi invece vuole un tragitto privo di pericoli, in cui le canzoni scorrono come acqua fresca, beh, qui, si troverà a proprio agio. E si potrà dissetare massimamente.
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La recensione La terra dei Re di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-10-14 08:01:13
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